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Giovanni Sale – Popolari e destra cattolica al tempo di Benedetto XV (1919-1922) – 2006

Giovanni Sale
Prefazione di Pietro Scoppola, Milano, Jaca Book, XIX-277 pp., euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il padre gesuita Giovanni Sale, già autore di numerosi studi basati in larga misura su una documentazione tratta dal ricchissimo archivio della «Civiltà Cattolica» e dagli archivi vaticani, arriva ora a cimentarsi con una trilogia di storia politico-ecclesiastica italiana tra le due guerre, di cui l’opera in oggetto costituisce il primo tomo (ma all’inizio del 2007 è uscito anche il secondo). Diviso in una parte narrativa e in una cospicua appendice di documenti inediti (che occupano la metà del volume), il lavoro affronta il tema della nascita e dei primi passi del Partito popolare osservati dall’angolatura visuale degli ambienti ecclesiastici e laici con i quali la rivista dei gesuiti romani era collegata, a cominciare, naturalmente, dalle sue relazioni particolari con la Curia vaticana, e specialmente con la Segreteria di Stato. Sebbene non modifichi nella sostanza un quadro storiografico sufficientemente consolidato, l’opera di p. Sale vi aggiunge tuttavia non pochi particolari e sfumature di notevole interesse, dando peraltro la sensazione che, in diversi casi, i documenti inediti non siano stati utilizzati in tutta la loro potenzialità. A merito di p. Sale va ascritto il considerevole spirito critico da lui messo in campo nei confronti dei suoi antichi predecessori della «Civiltà Cattolica» come pure (ma con maggiori cautele) nei riguardi degli ambienti ecclesiastici e vaticani che avanzarono non poche né marginali riserve nei confronti di Luigi Sturzo e del popolarismo di marca sturziana (verso il quale risultano invece orientate le simpatie sin troppo entusiastiche dell’autore). Di fatto il volume conferma che, se il Partito popolare non incontrò alla sua nascita l’ostilità dei vertici ecclesiastici (che l’avrebbe soffocato nella culla), i quali l’accettarono come «meno peggio », fu però oggetto di una precoce e assai pesante opera di condizionamento, principalmente per mano della sua ala destra a sfondo clericale e conservatore, che non basava la sua forza sul numero degli aderenti, bensì sui ruoli nevralgici dei suoi promotori e sui solidi sostegni esterni, di cui godeva in Vaticano e nella «Civiltà Cattolica» (in particolare nella persona del suo direttore padre Enrico Rosa). In senso generale, il Partito popolare fu visto da questi decisivi gangli ecclesiastici come un’«ipotesi» politica che andava messa alla prova dei fatti, ma che non rispondeva affatto e sempre meno rispose alle attese più sostanziali della Chiesa in Italia. Sotto questo profilo, il volume di Sale arriva a porre in piena luce che i tentativi di erosione del Partito o, per meglio dire, di scardinamento della sua linea sturziana, incominciarono ben prima dell’avvento del fascismo al potere. Per altro verso, il volume offre nuovi spunti di riflessione sul fatto che il Partito popolare, con la sua sola apparizione, venne ad aprire significativi spazi di dissenso anche all’interno della compagine ecclesiastica (per esempio a livello dell’episcopato), facendovi emergere fermenti che fino allora erano rimasti occultati o latenti.

Francesco Traniello