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Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo stato d’Israele. Una lunga coerenza

Valentino Baldacci
Firenze, Polistampa – Fondazione Spadolini Nuova Antologia, 233 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il testo di Valentino Baldacci ricostruisce la riflessione di Giovanni Spadolini su
Israele e questione ebraica. Si tratta di una vicenda pluridecennale e sfaccettata poiché,
come mostra l’a., essa prese avvio sin dagli «anni della formazione» e abbracciò il periodo
in cui Spadolini fu direttore del «Resto del Carlino» (1955-1968) e del «Corriere della
Sera» (1968-1972), e gli anni che visse da senatore e, dal 1974, ministro dei Beni culturali
(1972-1976), da presidente del Consiglio (1981-1982), da ministro della Difesa
(1983-1987) e infine da presidente del Senato (1987-1994). «Ogni capitolo inizia con un
paragrafo dedicato alle vicende del Medio Oriente nel periodo preso in considerazione,
nei confronti delle quali Spadolini prende posizione o svolge le sue riflessioni» (p. 5). Il
pensiero di Spadolini su Israele, almeno per come ci è descritto dall’a., fu sempre frutto
di considerazioni politiche più ampie, ora attente alla collocazione dell’Italia nel mondo
bipolare, ora alle ondate antisemite che flagellarono l’Europa (e l’Italia), ora ai conflitti
arabo-israeliani e a quelli israelo-palestinesi. In ogni passaggio di tempo, il dibattito su
Israele richiamava gli equilibri politici italiani. Così, emergono richiami al filo-arabismo
democristiano, al legame tra Pci e Urss, allo sganciamento da quest’ultimo asse del Psi.
L’intreccio tra questioni internazionali e interne fu poi particolarmente chiaro negli anni
del terrorismo, quando Spadolini si trovò in prima fila nelle convulse fasi seguite a momenti
particolarmente drammatici quali l’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre
1982 e i giorni del sequestro dell’Achille Lauro. Non sembrano di secondaria importanza
le riflessioni che lo stesso Spadolini avviava durante e dopo i suoi viaggi, numerosi dei
quali lo portarono in Israele o a contatto con la comunità ebraica statunitense.
Il libro è frutto di uno studio della produzione pubblicistica di Spadolini. In ultimo
si trova una bibliografia ragionata. Come l’autore stesso dichiara in apertura del suo lavoro,
Spadolini parlò di Israele e di questione ebraica da quattro punti prospettici quali le
relazioni internazionali, la politica italiana, i ragionamenti storici (specie su risorgimento
italiano/risorgimento ebraico) e una «forte componente etica» (p. 4). È in effetti un aspetto
centrale del problema: nel paese che aveva inventato il fascismo, il dibattito sull’ebraismo
portava inevitabilmente con sé ragionamenti molto ampi. Non a caso, a me pare che
il testo di Baldacci sia utile soprattutto perché, anziché limitarsi al periodo più conosciuto
della vicenda di Spadolini (cioè gli anni ’80), riprende le fila di un discorso avviato a metà
degli anni ’50, quando il ventennio rappresentava ancora un passato prossimo.

Matteo Di Figlia