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Girolamo Imbruglia – Illuminismo e storicismo nella storiografia italiana. In appendice il carteggio Venturi-Cantimori dal 1945 al 1955 – 2003

Girolamo Imbruglia
Napoli, Bibliopolis, pp. 496, euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2003

?Buon 1948 (si ha un bell’esser non romantici, ma l’idea fa sempre una certa impressione)?. L’epigrafe evocativa, tratta da una lettera di Franco Venturi a Delio Cantimori, proietta il lettore al cuore stesso del libro di Girolamo Imbruglia, che ha nel legame tra storia e politica uno dei punti nodali. Attraverso sei lunghi e densi saggi, per lo più già pubblicati, il volume si propone di analizzare come la questione dei Lumi venne creata e affrontata dalla storiografia etico-politica nel ripensare se stessa. A partire dalla metà degli anni ’20, fu proprio Croce ? al quale è dedicato un saggio centrale che fa da cerniera e snodo del volume ? a riscattare l’Illuminismo dal giudizio negativo della cultura storicista ottocentesca, riscoprendone il carattere religioso e la dimensione etica. Al centro del dibattito stavano tutti i concetti chiave della modernità ? nazione, religione, ragione, mito, utopia, riforme, rivoluzione, autocoscienza europea ? che, partendo da Croce, gli altri storici riproposero, ciascuno enfatizzando un particolare aspetto problematico.
Imbruglia non segue in modo sistematico e cronologico la storiografia italiana, ma si concentra su sei specifici profili ? nell’ordine, Federico Chabod, Benedetto Croce, Adolfo Omodeo, Ernesto De Martino, Franco Venturi e Rosario Romeo. Dietro di essi, tuttavia, prende forma un dibattito complesso e corale, che coinvolge la cultura italiana tra il 1932, anno della pubblicazione della Storia d’Europa di Croce, e il ’59, quando si consumò la rottura tra Chabod e Momigliano. Proprio dalla dura lettera dello storico valdostano, che rappresenta il punto di arrivo del dibattito, Imbruglia prende le mosse per ripercorrerne a ritroso i punti salienti. Motivo del contendere fu la complessa eredità storicista, e in particolare il problema della responsabilità degli intellettuali italiani verso il fascismo: per Momigliano tornare ai Lumi significava prendere le distanze dall’idea romantica di nazione, della quale invece Chabod rivendicava dignità, valore civile e continuità con il cosmopolitismo illuminista.
Avviato da questo scambio epistolare, Illuminismo e storicismo culmina nel carteggio, finora inedito, tra Venturi e Cantimori relativo al decennio 1945-55, che ne costituisce l’appendice importante. Divisi nel giudizio sul valore dell’utopia e sul giacobinismo, che per il marxista Cantimori rappresentava il necessario sbocco rivoluzionario dei Lumi, i due storici trovavano un punto d’incontro in Radicati e nelle origini del movimento. Ma l’interesse del carteggio sta soprattutto nell’impegno civile che è assunto come preciso compito dello storico ¯ e che rappresenta il messaggio forte del libro di Imbruglia. Nell’immediato dopoguerra è la situazione politica a indirizzare alla dimensione utopica dell’Illuminismo. Venturi risulta, così, modello di un percorso intellettuale che sfocia nella tensione tra utopia e riforma. La dedica di Settecento riformatore la fissa nel tempo: ?a chiunque, in qualsiasi momento e circostanza, ha tentato di riformare qualche cosa nel nostro paese?.

Silvia Sebastiani