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Giulia Brogini Künzi – Italien und der Abessinienkrieg 1935/36. Kolonialkrieg oder Totaler Krieg? – 2006

Giulia Brogini Künzi
Paderborn, Schöningh, 376 pp., euro 44,90

Anno di pubblicazione: 2006

La conquista dell’Abissinia attraverso le forze armate dell’Italia fascista è stato per decenni nell’area di lingua tedesca un tema praticamente dimenticato, ricordato al più solo per spiegare il formarsi dell’Asse Roma-Berlino. Solo negli ultimi anni, quando dopo annosi e sterili dibattiti teorici su portata e contenuto di un concetto generale di fascismo si è tornati a definire in modo nuovo, attraverso studi empirici di taglio comparatistico, il luogo storico di fascismo e nazionalsocialismo, anche la guerra in Africa orientale è stata posta in modo crescente a nord delle Alpi nel focus della storiografia. Non da ultimo le nuove ricerche su questa guerra hanno fatto vacillare la comoda tesi defeliciana che annientamento e genocidio siano state una peculiarità del nazionalsocialismo, e quanto più iniziava a vacillare questa tesi tanto più interessante diventava per la ricerca la guerra contro l’Abissinia. Merito di questo, accanto agli studi di Schneider e di Mattioli, è anche di Brogini Künzi con questa pubblicazione della sua tesi di dottorato.Alta appare la pretesa di questo libro: l’autrice offrirebbe nientedimeno, come recita il risvolto di copertina, che «la prima descrizione generale della guerra di Abissinia dopo decenni». Chi legga il libro sotto queste premesse, lo riporrà deluso, perché è molto lontano dall’essere una rappresentazione completa. Per un verso l’autrice si dilunga troppo sugli antecedenti della guerra; più della metà dello studio si occupa della storia dell’Italia nel periodo tra le due guerre, dell’imperialismo italiano e degli immediati antefatti dell’aggressione. Per il capitolo decisivo Guerra coloniale o guerra totale? rimangono quindi appena 130 pagine. Relativamente piccolo è lo spazio riservato ad aspetti fondamentali come la condotta della guerra, l’esperienza bellica e le ripercussioni del conflitto sulla madrepatria italiana. In secondo luogo il corpus di atti dello studio si limita ai fondi dell’Archivio Centrale dello Stato e dell’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Esteri. Mancano sorprendentemente nell’indice delle fonti gli archivi militari, così come gli archivi in Gran Bretagna o in Etiopia. Quindi, in terzo luogo, troppo poca attenzione viene offerta alla prospettiva abissina alla quale una reale rappresentazione generale può difficilmente rinunciare.A prescindere da questi errori di costruzione si possono trovare dettagli interessanti, che piuttosto completano il quadro della guerra di Abissinia, invece di farlo apparire in una nuova luce. Riguardo alla domanda fondamentale, la risposta dell’autrice è univoca. La guerra contro l’impero di Haile Selassie sarebbe stata tutt’altro che una comune guerra coloniale; tale tesi sarebbe contraddetta già dall’impiego di automezzi, di armi automatiche, di aerei e di gas in grande stile, così come dalla carica ideologico-propagandistica della guerra da parte del regime di Mussolini. Allo stesso tempo la guerra d’Etiopia non sarebbe stata ancora la prima guerra di quel conflitto passato alla storia come seconda guerra mondiale. Condivisibile è un tale giudizio equilibrato di un libro non sempre ben equilibrato.

Thomas Schlemmer