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Giuliano Catoni – Un treno per Siena. La strada ferrata centrale toscana dal 1844 al 1865 – 2009

Giuliano Catoni
Siena, Betti, 122 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il libro è la ristampa di un lavoro comparso nel 1980 nel «Bollettino senese di storia patria» e pubblicato l’anno successivo in volume. Da allora la storia del sistema ferroviario italiano ha fatto notevoli progressi. Da terreno d’indagine, coltivato per lo più da amatori del settore o da ingegneri ferroviari, attenti soprattutto alle caratteristiche tecniche dei tracciati e delle locomotive utilizzate, si è passati alla storia delle ferrovie come elemento permissivo dello sviluppo economico italiano, settore che guida la modernizzazione del paese, che modifica la vita ed i costumi, gli assetti delle città e dei loro abitanti. I lavori di Andrea Giuntini e di Stefano Maggi, a cui si deve la prefazione a questa ristampa, ne sono un esempio eloquente.Il lavoro di Giuliano Catoni, da questo punto di vista, rappresenta un solido saggio pionieristico e, dopo trenta anni, non mostra tratti d’invecchiamento. I protagonisti, i processi economici, le modificazioni urbane e paesaggistiche che la ferrovia induce, sono raccontati sulla base di un’ampia documentazione archivistica e posti costantemente in rapporto con le modificazioni sociali, economiche e politiche del periodo preso in considerazione. Così la costruzione dei 63 chilometri della Siena-Empoli assume la dignità di una vicenda che travalica i confini cittadini e si proietta in un contesto più ampio. Lo dimostrano l’entità dell’investimento (oltre dieci milioni di lire toscane), l’ampiezza del bacino degli investitori – che vanno da Firenze a Venezia a Lipsia, da Bastogi e dai finanzieri livornesi al Monte dei Paschi -, il dibattito che la costruzione suscita tra gli imprenditori, i politici e gli intellettuali del Granducato, con autorevoli interventi e consigli di Gian Pietro Vieusseux e Bettino Ricasoli. I promotori dell’iniziativa – il progettista ing. Giuseppe Pianigiani, il gerente Policarpo Bandini e lo stesso gonfaloniere, il farmacista Luca Serristori – sono insomma legati da molteplici fili a quella borghesia colta toscana proiettata verso la modernità, che caratterizza il primo cinquantennio dell’800. D’altro canto la Strada ferrata centrale toscana non è un episodio locale, ma ha uno spessore strategico. Assicurato il rapporto con Firenze, grazie all’allaccio con la ferrovia Leopolda ad Empoli, la Centrale toscana punterà a collegare Firenze con Roma, attraverso Siena, prolungando la linea prima fino a Sinalunga (1859), poi fino a Chiusi (1862), per arrivare ad Orvieto nel 1865, dopo la costituzione della Società delle strade ferrate romane, in cui confluiranno le diverse società operanti in Toscana e nel Lazio. Ironia della sorte, il percorso della Centrale, alternativo a quello che passava per Arezzo, garantirà con il tratto Chiusi-Orvieto la possibilità di collegare con la bretella Terontola-Chiusi (1975) Firenze e Arezzo con Roma, tagliando fuori del percorso sia l’Umbria, attraverso cui veniva in precedenza assicurata la comunicazione, che Siena, aree entrambe destinate ad una non risolta marginalità ferroviaria.

Renato Covino