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Giuseppe Berta – L’imprenditore. Un enigma tra economia e storia – 2004

Giuseppe Berta
Venezia, Marsilio, pp. 125, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2004

Berta ci offre una lettura originale della figura dell’imprenditore e delle qualità che la letteratura persiste nell’associargli, ripercorrendo con acribia critica, tra le categorie degli economisti e le dinamiche della storia, i modi e i tempi dell’evoluzione dei soggetti che, non di rado, continuano a essere riconosciuti come i motori della crescita. Malgrado la storiografia abbia riveduto e corretto l’idea di Schumpeter, che lo sviluppo possa essere affidato a un imprenditore dai tratti quasi titanici, per una parte consistente della letteratura pare che le fortune di economie e imprese continuino a dipendere dalla soggettività di un imprenditore demiurgo non distante dalla connotazione idealtipica dell’economista austriaco.
La necessità di rivedere la formazione e i mutamenti di una categoria come quella dell’imprenditore muove dall’uso che in generale si fa di questa stessa categoria in contrasto più o meno esplicito con il manager. L’attento vaglio delle pagine degli economisti inglesi restituisce una corretta taratura di ruolo e funzione alle figure che si succedono nella scienza economica, dall’entrepreneur all’employer, dall’undertaker al businessman. I due mondi analitici ? quello attento alla dimensione empirica degli economisti inglesi e quello proteso alle astrazioni idealtipiche della riflessione mitteleuropea ? si sviluppano secondo un felice contrasto che rivela, a fronte dell’affermazione della grande impresa, la disponibilità a riflettere la ?confusione? di ruoli tra imprenditori e manager, come si evince dagli studi di Sombart, di Rathenau o di Dobb. Nel Dobb di Capitalist Enterprise and Social Progress (1925), per esempio, si osservano le tre figure/funzioni imprenditoriali confondersi nei processi evolutivi del capitalismo postbellico. Quei tentativi imperfetti erano proiettati a catturare l’instabile evoluzione dei capitalismi nazionali entro categorie concettuali tese a interloquire con i filoni maggiori dell’analisi economica, rendendo sempre meno efficace la distinzione tra funzioni imprenditoriali e funzioni manageriali. L’analisi condotta in Europa nei primi decenni del ‘900, rileva Berta, conservava una ?distanza incolmabile? dalla prospettiva americana di osservazione dei mutamenti in atto nelle imprese: una ?dissonanza totale? si coglie tra la Teoria dello sviluppo economico di Schumpeter e i coevi Principles of Scientific Management di F.W. Taylor. Una differenza di sguardo che si avverte anche negli scritti di Berle, Means, Burnham, sino a quelli di Drucker e Whyte sulla leadership e sull’organizzazione delle grandi imprese. Una tradizione analitica che troverà, dagli anni ’60, con la nuova business history di A. Chandler il tentativo di restituire coerenza alla straordinaria complessità di figure e funzioni.
Un poscritto segue le ricostruzioni di filoni analitici e fatti stilizzati. Ad esso Berta affida il senso che si può trarre dall’itinerario compiuto lungo due secoli di riflessioni sull’imprenditore e sul manager. L’eccezionale accumulo di idee, studi e teorie fa comprendere l’opportunità di superare ?la visione dello sviluppo come processo per stadi, [?] a favore di un’immagine dell’economia come arcipelago differenziato, che ospita forme di vita mutevoli ed eterogenee? (p. 121).

Giandomenico Piluso