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Giuseppe Bruzzaniti – Enrico Fermi. Il genio obbediente – 2007

Giuseppe Bruzzaniti
Torino, Einaudi, XIII-386 pp., Euro 24,50

Anno di pubblicazione: 2007

Se nella cultura italiana, compresa quella storica, avesse prevalso l’idea di Francesco Saverio Nitti che nei progressi della civilizzazione e dello sviluppo sociale moderno hanno giovato più dei grandi uomini politici i grandi scienziati, sicuramente un libro come questo sarebbe stato pubblicato già molto tempo fa. Non che su Fermi la pubblicistica sia stata particolarmente avara. Anzi, grazie anche alla memorialistica dei suoi compagni d’avventura scientifica (Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Emilio Segré) o della moglie Laura Capon, sulla sua vita si sa molto. Alla memorialistica si è aggiunta poi la ricerca storica vera e propria di studiosi come Giovanni Battimelli, Michelangelo De Maria, Fabio Sebastiani, per citare tre storici della fisica più prossimi alla «scuola» romana inaugurata negli anni ’30 da Fermi stesso. Ma, per la verità, una biografia d’insieme, che raccontasse l’attività scientifica del fisico italiano all’interno della fisica mondiale e della temperie politica e culturale della prima metà del ‘900 (morì nel 1954) mancava. Temperie drammatica: fascismo, nazismo, guerra mondiale, leggi razziali e così via. Ma anche – e soprattutto – dato il personaggio in questione, la possibilità di accesso per l’umanità a una nuova forma di energia, quella nucleare. Con la «pila di Fermi» del 1942, cioè con la possibilità di una reazione nucleare a catena controllata, infatti, la storia umana entra in una fase nuova, impensabile fino a qualche anno prima: anche qui nel segno del dramma, come ricordano Hiroshima e Nagasaki. Strano parallelismo: anche questa volta è uno scienziato italiano a rendere disponibile in maniera artificiale e controllata una forma naturale di energia. Il precedente è la «pila elettrica» descritta da Alessandro Volta in una memoria del 1800. Ancora: Fermi realizza la sua sconvolgente invenzione a Chicago, negli USA, paese dove viene utilizzata per prima e in maniera intensiva, nel bene e nel male. Volta pubblica la descrizione del suo apparato nelle «Philosophical Transactions» della Royal Society of London. A Londra, e poi in Francia, la pila elettrica viene utilizzata in maniera intensiva inizialmente a scopi scientifici. Fra i due eventi sono passati circa 150 anni, ma il rapporto di lunga durata fra grande innovazione e circostanze nazionali permane, e in maniera assai critica. Fermi, come sostiene giustamente Bruzzaniti, è uno dei più grandi scienziati italiani, all’altezza di Galilei (anch’esso «straniero in patria»). E ciò non solo per la capacità di unire nella stessa persona una grande intuizione e metodica sperimentali con una notevole padronanza dello strumento matematico, ma anche per la varietà dei contributi che ha fornito alla conoscenza del mondo naturale: forze fondamentali, particelle elementari, termodinamica, meccanica statistica.Tuttavia, pur concedendo la presenza nell’opera di Fermi di una solida filosofia implicita, la genialità del fisico italiano si è applicata solo al di qua dei grandi problemi epistemologici che hanno coinvolto i fisici del ‘900 e che hanno segnato anch’essi la cultura della nostra epoca. Nulla di male. Anche questo è uno dei possibili stili di ricerca e non il meno efficace, inaugurato proprio da Fermi e dai suoi collaboratori.

Antonio Di Meo