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Giuseppe Carlo Marino – Le generazioni italiane dall’Unità alla Repubblica – 2006

Giuseppe Carlo Marino
Milano, Bompiani, 875 pp., euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2006

È estremamente difficile presentare un libro così denso di analisi e soprattutto di fatti e di personaggi, alcuni noti, altri tratti dalle cronache di un secolo di storia italiana. Lo stesso Marino chiede ai lettori, nella sua introduzione, di essere «pazienti e benevoli verso i funambolismi di un autore che talvolta induce a un certo gusto barocco. [?]. In questo caso le complicazioni sarebbero comunque inevitabili. Trattandosi, infatti, di affrontare l’impresa di ricostruire, nel tragitto del XX secolo, la dinamica delle variazioni di mentalità e di valori intervenute nelle generazioni italiane» (p. 14). L’avvicendarsi delle generazioni nella storia del paese è rappresentato da un ipotetico signor Giuseppe Rossi, nato e rinato a partire dall’anno 1900. Tralasciando questo simbolico riferimento anagrafico, l’autore di fatto parla di «generazioni storiche», anche se così non le identifica, ancorandosi piuttosto alla «natura fondamentalmente culturale» del termine, cioè ad una generazione atta a rappresentare «un’intera fase storica: per esempio il Risorgimento, l’età dell’imperialismo, la grande guerra, il fascismo» (p. 15). Potremmo quindi riconoscere a questo volume la dignità di storia degli italiani, dall’Unità, e quindi prima del fatidico capodanno 1900, all’immediato secondo dopoguerra; e di storia, più che di generazioni, dei rapporti tra generazioni, tra padri e figli e tra figli che divengono padri e figli-nipoti. Se dubbi quindi permangono sull’uso troppo libero che l’autore fa del termine «generazione », quando avrebbe dovuto attenersi ad un dibattito oramai articolato ed approfondito a livello italiano e soprattutto internazionale su questa categoria storica (ma l’attenersi non gli avrebbe consentito forse tale ampia e diversificata narrazione), non si può che apprezzare il tentativo compiuto di racchiudere tutta la storia italiana nell’avvicendarsi dei rapporti tra «padri e figli», e con un po’ più di timidezza, ma senza trascurarlo, tra «madri e figlie». Essendo però essenzialmente una lettura della storia politica del paese, il genere maschile prevale, come prevale un signor Rossi borghese, e poi ceto medio, piuttosto che un Rossi proletario della terra e della fabbrica (anche se persino in questo caso l’autore è conscio di alcuni suoi limiti, supplendoli a volte con interessanti ed esemplari divagazioni sugli alterni destini anche familiari delle generazioni Marino). Come sempre accade in tali ambiziose sintesi, alcune parti risultano più ricche, convincenti, leggibili perché legate agli studi e agli interessi specifici dell’autore. Abbiamo infatti apprezzato maggiormente i temi culturali ed educativi di formazione degli italiani, e la ricchezza di osservazioni, di citazioni, di personaggi dal periodo post-unitario al primo fascismo. Resta ora a Marino l’impegno di colmare il periodo che va dalla nascita di una nuova «patria» repubblicana al 1968, del quale si era occupato pochi anni or sono e che appare chiaramente all’origine ma anche l’approdo di questo lungo viaggio tra generazioni.

Patrizia Dogliani