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Giuseppe Catellani – Santa Vittoria dei braccianti. L’organizzazione cooperativistica in un villaggio rurale della bassa reggiana (1890-1915), a cura di Giorgio Boccolari e Mauro Romoli, Prefazione di Marco Fincardi, Presentazione di Mauro Degola, numero

Giuseppe Catellani
aprile 2000, Edizioni La Nuova Tipolito

Anno di pubblicazione: 2000

Attraverso l’attenta e puntuale analisi della stampa socialista e, soprattutto, dei documenti d’archivio, Catellani ricostruisce la storia della cooperazione di Santa Vittoria dal 1890 al 1915. In età giolittiana la frazione della Bassa reggiana (2.000 abitanti ca.), che si inseriva in una struttura economica di grandi aziende agricole a composizione bracciantile, fu sede di una delle più importanti esperienze del movimento cooperativo. In questo villaggio rurale si tentò infatti l’applicazione del progetto riformista di Camillo Prampolini e la pianificazione della “cooperazione integrale” di Antonio Vergnanini. L’autore, superando le interpretazioni ideologiche dei precedenti studi, descrive la storia della comunità attraverso una periodizzazione dettata dagli sviluppi del movimento contadino. Alla fine del secolo XIX la costituzione di leghe e cooperative fu lo strumento con cui i braccianti si difesero dalla disoccupazione e regolarono il collocamento; la fondazione delle cooperative di consumo fu inoltre il mezzo principale per il controllo dei prezzi. Il confine che separava l’azione sindacale dall’attività economica delle cooperative non era facilmente identificabile. Poi, tra il 1902 e il 1910, il movimento cooperativo si consolidò con le prime affittanze collettive e un’azione coordinata con il Municipio, conquistato dai socialisti nel 1900. Ma fu dal 1911, con l’acquisto della principale proprietà della zona, che nel territorio si realizzò una vasta rete di cooperative: oltre a quella dei braccianti (nata nel 1890, associava 602 lavoratori alla vigilia della Grande Guerra), si contavano quella di consumo (1899), l’agricola (1911) e le società dei calzolai, dei birocciai, dei falegnami, dei muratori, dei fabbri, dei truciolai e perfino dei violinisti. Questa fitta organizzazione, integrata con il Partito socialista e il “municipio rosso”, tentò la realizzazione del riformismo pratico prampoliniano, dove la lotta di classe era concepita come “conquista quotidiana di piccoli livelli di potere economico e politico”. Segno evidente dell’emancipazione dei lavoratori era il Palazzo Greppi: non più luogo del potere agrario e residenza del padrone, ma ora centro del lavoro collettivo, simbolo del progresso della comunità. Come Catellani sottolinea lucidamente, le realizzazioni del movimento cooperativo di Santa Vittoria incisero profondamente nel processo di modernizzazione economica, sociale e culturale: “Il mutamento di mentalità […] era tale che ogni conquista economico-tecnologica, più che suscitare diffidenze, veniva accolta favorevolmente, anche in chiave di orgoglio campanilistico”. Questa ricerca stimola quindi riflessioni che superano l’ambito locale e porta un contributo alla comprensione dell’associazionismo cooperativo e delle comunità contadine padane.

William Gambetta