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Giuseppe Dossetti. L’avventura politica di un riformatore cristiano

Paolo Pombeni
Bologna, il Mulino, 202 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2013

Tra le numerose pubblicazioni apparse nel 2013 per il centenario della nascita di Giuseppe Dossetti, questo volume rappresenta, sicuramente, uno tra i contributi migliori. Pombeni, del resto, è stato il primo storico ad affrontare scientificamente il tema del dossettismo: questo libro costituisce, dunque, la sintesi matura di un lungo percorso di ricerca. L’a. padroneggia la materia e propone interpretazioni molto equilibrate di nodi controversi. Il libro non vuole essere una biografia a tutto tondo di Dossetti (1913-1996), ma mira a dare una ricostruzione e una valutazione della vicenda politica del personaggio, scandita su quattro momenti: la formazione e la resistenza; l’impegno nella Dc a livello politico nazionale, fino al ritiro; il breve ritorno per la parentesi amministrativa bolognese; infine, dal 1994, le iniziative (del monaco Dossetti) in difesa della Costituzione.
Pombeni fa giustizia di alcune distorsioni interpretative divenute luoghi comuni: come il presunto «integralismo» dossettiano (pp. 16, 60, 70-72). Focalizza bene i caratteri della radicalità che contraddistinse Dossetti, parla di sensibilità di sinistra cristiana ma, giustamente, rifiuta le rappresentazioni di un Dossetti incline al comunismo (pp. 52-53). Con efficacia l’a. mostra la progressiva scissione tra il riformismo puramente politico (e tendente alla modernizzazione) di Fanfani e il riformismo religioso prima che politico di Dossetti. Per Dossetti la «giustizia verso i poveri» era il senso dell’aggettivo «cristiana» accanto al termine «democrazia»: inveramento della missione del cristiano in politica, rivoluzione cristiana. Ma questo non significava disattenzione per lo Stato (quanto una diversa visione delle funzioni dello Stato moderno). C’era in Dossetti una ambivalenza (che poteva diventare ambiguità) tra l’uomo che sente la sfida della politica e l’uomo impegnato nella lettura religiosa dei grandi passaggi storici. Forse sarebbe stato utile un confronto critico tra questa ambivalenza e la «doppiezza» togliattiana. E forse qualche ulteriore scavo si potrebbe fare sul senso – religioso e politico – del «lapirismo» rispetto al «dossettismo».
Pombeni, peraltro, accenna a temi di ricerca poco battuti, come l’attenzione dei dossettiani per la necessità di luoghi di formazione delle élite politiche. Sulla fine del dossettismo egli avanza invece un’interessante congettura: il ritiro del leader e lo scioglimento della corrente non dovevano forse implicare anche una fine dell’ideologia dossettiana, ma preludere a un (peraltro impossibile) dossettismo senza Dossetti. In ogni caso, non si può non consentire con la cornice del problema storico generale proposta in questo volume: «Nel crocevia che si formò attorno a quest’esperienza crebbero gli uomini che avrebbero fatto la politica che poi portò la Dc all’appuntamento con la modernizzazione del nostro sistema, in quell’esperimento di centrosinistra su cui sarebbe ora di aprire un serio dibattito di rivalutazione» (p. 55).

Fulvio De Giorgi