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Giuseppe Garofalo, Augusto Graziani (a cura di) – La formazione degli economisti in Italia (1950-1975) – 2004

Giuseppe Garofalo, Augusto Graziani (a cura di)
Bologna, il Mulino, pp. 604, euro 40,00

Anno di pubblicazione: 2004

Patrocinato dalla Società italiana degli economisti, il libro presenta una raccolta di saggi in memoria di Massimo Finoia, l’economista scomparso nel 2001 che ha dedicato tante energie alla ricostruzione storica del pensiero economico italiano. Da qui è nata la scelta originale di allestire un volume ?a tema? su luoghi e percorsi della formazione degli economisti italiani nel secondo dopoguerra. Come in altre parti del mondo, ma in Italia con maggiore intensità per la necessità di superare l’isolamento decretato dal fascismo, il secondo dopoguerra rappresenta una fase di internazionalizzazione degli studi economici. Tuttavia, come sostiene P.L. Porta, questa non viene a coincidere nel nostro caso con l’americanizzazione, cioè con il successo di quella ?sintesi neoclassica? che riduce il contributo di Keynes a caso particolare della teoria marginalista dell’equilibrio economico. Da un lato ? ricorda R. Faucci ? l’analisi keynesiana viene recepita (in ritardo) nell’ambito del dibattito politico-economico sulla programmazione che vede coinvolti sia studiosi cattolici sia economisti marxisti, in opposizione alla linea ortodossa difesa da Einaudi e Corbino; dall’altro lato, il successo della teoria ?neoricardiana?, concepita da Sraffa come alternativa al mainstream neoclassico, ha aperto un canale di collegamento privilegiato con la Cambridge inglese, solo più tardi affiancata da altri punti di raccolta: Oxford, la London School of Economics e le maggiori università americane (si vedano i saggi di C. Casarosa e D. Da Empoli).
Il secondo dopoguerra vede anche il compimento del processo di professionalizzazione dell’economista, grazie allo sviluppo di programmi di formazione specializzata nelle scienze economiche. L’Italia sconta in ciò un ritardo rispetto ad altre nazioni, solo parzialmente colmato dalla scelta, peraltro feconda, di mandare i giovani a compiere studi specialistici all’estero, nonché dallo sviluppo di istituzioni universitarie e di ricerca nelle quali la carica progettuale di un individuo o di un gruppo di studiosi ha consentito di fornire alle giovani generazioni percorsi di studio più avanzati. Il volume censisce alcuni di questi luoghi: lo Svimez (visto attraverso l’azione di Napoleoni), il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie di Portici, la Banca d’Italia, le Università di Ancona, Bologna, Milano Cattolica, Modena, Siena e Pavia (ricordata per il magistero di Di Fenizio). Completano il quadro una ricostruzione delle attività del gruppo CNR sulla distribuzione (di L. Spaventa) e un’appendice documentaria sui soci della SIE. Sorprendono però alcune assenze: tra tutte quelle delle Università di Torino e Roma, che pure hanno contribuito alla formazione di economisti attivi non solo nella vita scientifica ma anche nella vicenda politica.
Nel complesso il lavoro ha un impianto solido e fornisce una documentazione accurata, capace di evidenziare le luci e ombre che segnano la ?storia istituzionale? dell’economia politica italiana e la tradizione nazionale di studi economici, così pervicacemente attaccata agli studi applicati e al nesso tra teoria e policy.

Marco E.L. Guidi