Cerca

Giuseppe Gnagnarella – Storia politica della Rai, 1945-2010 – 2010

Giuseppe Gnagnarella
L’Aquila, Textus, 200 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2010

Giornalista e docente universitario, attuale responsabile della comunicazione di Raidue, Giuseppe Gnagnarella si è cimentato nella ricostruzione del complesso, e al tempo stesso affascinante, rapporto tra la Rai e il mondo politico-partitico dagli anni ’50 ad oggi. A dispetto del titolo, il libro affronta in realtà tutta la storia degli intrecci tra politica e settore televisivo, comprendendo anche le vicende che portarono alla nascita delle emittenti private e al consolidamento, nel contesto politico degli anni ’80, del cosiddetto duopolio. Intrecci che, com’è noto, diventarono ancor più stretti allorché nel 1994, all’inizio di quella che l’a. chiama «l’era di Rainvest», Silvio Berlusconi, proprietario delle tre principali reti televisive private, decise di «scendere in campo» in politica.Ma se quella di Berlusconi nel 1994 fu un’iniziativa quasi rivoluzionaria per il sistema politico italiano, il libro mostra bene che in Italia la contiguità tra il settore televisivo e il mondo politico aveva radici assai lontane. Fin dagli anni della ricostruzione, la Rai del democristiano Giuseppe Spataro si trovò a operare in stretta sinergia con la Dc, condividendone il progetto di fare della radiotelevisione uno strumento educativo e culturale per accompagnare il difficile processo di rinascita democratica. Erano gli anni che preparavano al boom economico, gli anni dell’avvio della televisione e della grande progettualità in Rai: anni in cui il governo del paese e quello dell’azienda già camminavano «l’uno al fianco dell’altro» (p. 57). Nonostante le difficoltà, dovute all’opposizione del vecchio establishment aziendale e alle dure polemiche del Pci contro una Rai «feudo dell’esecutivo», tale cammino parallelo si intensificò durante la lunga stagione di Ettore Bernabei, direttore generale dal 1961 al 1974, protagonista di un denso capitolo centrale.Anche nella seconda parte del libro, dedicata alla riforma televisiva del 1975, alla concorrenza tra azienda pubblica e Fininvest, alla Rai di Agnes, per arrivare fino alle cronache dei giorni nostri, l’a. entra con acume nelle pieghe complesse di rapporti personali e istituzionali, di progetti culturali e manovre di palazzo, di interessi economici e nuovi orizzonti politici. La scrittura agile e brillante aiuta il lettore a non perdere il filo di vicende spesso complicate e a muoversi nei meandri di una storia che non è solo quella della televisione italiana, ma dell’Italia intera. Oggi, con l’introduzione delle tecnologie digitali, «niente è come prima», dice l’a. nel capitolo introduttivo; eppure, invece di domandarsi se abbia ancora senso il servizio pubblico e quale sia il «bene comune» che la Rai ha il dovere di tutelare, ci si continua a chiedere, come da trent’anni a questa parte, se «conviene […] a Silvio Berlusconi» (p. 33). Il che è in parte dovuto alla cecità dell’attuale dibattito pubblico, ma anche al peso di una storia che da sempre ha visto articolarsi un rapporto problematico e sfuggente tra televisione, interessi economici e potere dei partiti.

Giulia Guazzaloca