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Giuseppe Millozzi – Prigionieri alleati: cattura, detenzione e fuga nelle Marche 1941-1944 – 2007

Giuseppe Millozzi
Prefazione di Ruggero Ranieri, Perugia, Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation

Anno di pubblicazione: 2007

Colmare la lacuna storiografica sulla prigionia dei militari alleati in Italia è l’obiettivo del lavoro di Millozzi che cerca di inquadrare le vicende dei tre campi marchigiani (Servigliano, Monte Urano e Sforzacosta) nel contesto nazionale utilizzando archivi italiani (Ufficio storico dello SME), stranieri (PRO di Londra), diari, memorialistica e interviste a testimoni. Il solco nel quale si inserisce la ricerca è quello tracciato da Roger Absalom con il volume pubblicato da Olschki, ormai nel 1991: A strange alliance: aspects of escape and survival in Italy 1943-44. L’a. attribuisce il vuoto negli studi solo a ragioni tecniche, come le difficoltà di reperimento delle fonti, e non collega la questione al nodo problematico della storia della guerra fascista e del fare i conti con essa nell’Italia repubblicana.Il volume inizia con il quadro del fenomeno ricavato dai prospetti allegati ai Diari storici, che restituiscono il movimento dei prigionieri secondo l’andamento delle campagne militari: il picco si raggiunge dopo il giugno del 1942 (vittoria di Rommel a Tobruk) e Millozzi ne ricava la considerazione che la responsabilità di gestire i prigionieri ricadde sugli italiani visto che «i tedeschi giudicavano gli Alleati inetti per la conduzione della guerra» (p. 10). Anche da questo punto di vista si segnalerebbe il riconoscimento della fine della guerra parallela e dell’impreparazione generale visto che anche il problema della detenzione di eventuali prigionieri non era stato adeguatamente studiato. Si devono così urgentemente approntare nuovi campi che si aggiungono ai 17 iniziali, eredità della Grande guerra. Nella primavera del 1943 i campi in totale sono 57 e concentrano quasi 80.000 militari alleati (di cui circa 5.600 ufficiali). Viene analizzata anche la visita in Germania (ottobre 1942) di una delegazione dello Stato maggiore per studiare l’organizzazione dei campi prigionieri (la relazione presente in AUSSME è già stata al centro della tesi di Samuele Santoni citata da Millozzi), e sulla base di questo confronto l’a. assume il giudizio dell’Italia come «ventre molle» dell’Asse espresso da Churchill (p. 13). Lo studio delle fonti accentua la ricostruzione del fenomeno dal punto di vista del prigioniero, fornendo lo sguardo degli stranieri sul mondo militare italiano, ma anche su quello civile, e contadino in particolare. Interessante anche la ricostruzione degli avvenimenti dopo l’8 settembre (letta anche alla luce delle direttive emanate dopo l’armistizio) nei tre campi marchigiani, con la descrizione della particolarità della situazione di Servigliano, caso che ha visto l’evacuazione in massa dei prigionieri grazie ad un accordo tra ufficiali italiani ed alleati, in contrasto con quanto avvenuto negli altri due campi dove invece si verificò la deportazione in massa (da Millozzi stimata in 12.000 unità) dei prigionieri verso la Germania. Rimane solo accennata invece la comparazione dell’esperienza di prigionia tra i diversi detentori. La Prefazione al volume è di Ruggero Ranieri, mentre in appendice sono disponibili statistiche ed inserto con cartine e foto.

Agostino Bistarelli