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Gli ebrei nella storia del Friuli Venezia Giulia. Una vicenda di lunga durata

Miriam Davide, Pietro Ioly Zorattini (a cura di)
Firenze, Giuntina, 372 pp., € 35,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume presenta gli atti di un convegno internazionale organizzato dal Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah a Ferrara nel 2015 e contiene 20 contributi di impostazione e qualità eterogenea, che spaziano cronologicamente dall’alto Medioevo al ’900. Nell’Introduzione i curatori sottolineano il legame dell’iniziativa con il precedente convegno intitolato Il mondo ebraico (1989), i cui atti furono pubblicati nel 1991 a cura di Giacomo Todeschini e Pier Cesare Ioly Zorattini.
Mentre gli anni ’90 hanno rappresentato una fase di fermento e crescita degli studi sull’ebraismo italiano, oggi il dibattito è fermo e scarseggiano novità editoriali di rilievo. Questa pubblicazione è dunque più che benvenuta, anche se l’unico filo conduttore è l’area geografica di riferimento, e questo non consente di mettere a fuoco nodi problematici e proposte metodologiche. Sarebbe stato utile introdurre suddivisioni tematiche interne, per agevolare la lettura del volume.
Tra i contributi che interessano l’età contemporanea, si segnalano quelli che si concentrano sui temi più rilevanti per la storia ebraica contemporanea e, in particolar modo, sull’integrazione sociale, economica e culturale.
Il problema dell’integrazione delle élite ebraiche è messo bene a fuoco – nel caso di Udine – da Emanuele D’Antonio, che segue gli acquisti di proprietà immobiliari e la partecipazione ad attività filantropiche e ai circuiti di sociabilità attraverso i quali la famiglia Ventura si ritagliò uno spazio rilevante nel tessuto sociale ed economico cittadino ben prima dell’emancipazione. Sempre sull’integrazione delle élite è interessante il saggio di Anna Millo che si concentra soprattutto sugli imprenditori «di origine ebraica» (p. 207) a Trieste fra ’800 e ’900, in particolare sulle Assicurazioni Generali e la Riunione Adriatica di Sicurtà. Di sionismo – dalle origini agli anni ’30 – si occupa Marco Bencich, che descrive l’evoluzione del movimento a partire dall’esperienza del «Corriere Israelitico» in una chiave che appare un po’ apologetica e poco analitica. Pietro Ioly Zorattini presenta alcuni dati sulle conversioni al cattolicesimo a Udine e Gorizia nell’800, senza però offrire spunti interpretativi su un tema che resta complessivamente poco esplorato dalla storiografia.
Il contributo di Lois Dubin Why Trieste? problematizza il mito di Trieste e le categorie a cui è associato, ricordandoci che diversità/eterogeneità e cosmopolitismo non sono necessariamente sinonimi. Uscendo dalla dimensione locale, si chiede perché il caso triestino è rilevante per la storia ebraica europea, con riferimento ad emancipazione, acculturazione, e alla categoria – da lei stessa coniata e ampiamente discussa nel dibattito internazionale – di «port Jews» (pp. 198-199).
Gli altri autori che si occupano di ’800 e ’900 sono Valerio Marchi, René Robert Moehrle sui rapporti dei consoli tedeschi a Trieste fra 1919 e 1945, Maddalena Del Bianco Cotrozzi, Marco Grusovin su Isacco Samuele Reggio, Fulvio Salimbeni su Graziadio Isaia Ascoli, Livio Vasieri, Mauro Tabor sulla frattura della Shoah.

Carlotta Ferrara degli Uberti