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Gli intellettuali nella crisi della repubblica (1968-1980)

Ermanno Taviani, Giuseppe Vacca (a cura di)
Roma, Viella, 406 pp., € 34,00

Anno di pubblicazione: 2016

La storia della cultura costituisce sin dalle origini uno dei campi di ricerca fondamentali della Fondazione Gramsci. Si tratta di un filone che recentemente è stato ulteriormente approfondito perché – scrivono Taviani e Vacca nella Prefazione – «i gruppi intellettuali costituiscono lo strato più sensibile ai processi di mondializzazione» e perciò «la storia della cultura nazionale rappresenta un angolo di rifrazione particolarmente illuminante del modo in cui i diversi paesi vivono le sfide del mondo contemporaneo» (p. 8).
Da queste premesse ha tratto origine l’iniziativa di creare uno specifico gruppo di ricerca, il cui lavoro è esposto in questo volume. L’arco cronologico coperto, che va dalla fine degli anni ’60 al 1980, scaturisce dalla convinzione che «le questioni politiche aperte dalla crisi della stabilità internazionale e non risolte negli anni Settanta, si chiusero con il sopravvento della “nuova guerra fredda”» (p. 11). Il lavoro del gruppo di ricerca è quindi partito da una premessa e si è imperniato su una domanda. La premessa è che, di fronte ai processi di globalizzazione, le risposte delle élites politiche non furono spesso all’altezza. La domanda che ne consegue è: «che dire del modo in cui li percepirono i ceti intellettuali?».
Per rispondere a questa domanda, il lavoro si è concentrato sui principali giornali. All’inizio degli anni ’70 si era infatti verificata una novità: i grandi quotidiani, col «Corriere della Sera» a fare da battistrada, avevano cominciato ad affidare a noti intellettuali il ruolo di commentatori politici. Ogni saggio del volume è perciò stato dedicato all’analisi di un preciso quotidiano, analizzando in tal modo il contributo offerto da differenti uomini di cultura, oppure di uno specifico intellettuale, impiegando però come perno di analisi la sua attività sull’organo a stampa dove scriveva più assiduamente. Il lettore troverà perciò tre saggi dedicati rispettivamente a «la Repubblica», «il Giornale Nuovo» e «Lotta Continua» (rispettivamente di Gagliardi, Bernardi e Sorgonà). Seguono poi contributi con prospettive più ampie, sulle tematiche di fascismo e antifascismo (di Tarquini) e sugli intellettuali comunisti (di Panvini). E infine interventi su singole personalità quali Pietro Scoppola (che Gentiloni indaga privilegiando i suoi interventi su «Il Mulino»), Nicola Matteucci, Pier Paolo Pasolini, Norberto Bobbio e Augusto del Noce (di Polese Remaggi, Baris, Ambrosi e Ceci). Chiudono il volume tre saggi che allargano lo sguardo ad altre tematiche, con Taviani che scrive sull’atteggiamento degli intellettuali di sinistra di fronte al caso «7 aprile», Di Maggio che estende l’orizzonte alla stampa francese, e infine Di Donato e Ortolani con un interessante contributo sui modi coi quali i servizi di intelligence di altri paesi cercarono di condizionare l’opinione pubblica italiana attraverso la stampa.
Il volume offre così un quadro molto ampio e appare destinato a diventare uno stabile punto di riferimento per future ricerche sul tema.

Paolo Mattera