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Gli ultimi ebrei di Rodi. Leggi razziali e deportazioni nel Dodecaneso italiano (1938-1948

Marco Clementi, Eirini Toliou
Roma, DeriveApprodi, 306 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il saggio scritto da Marco Clementi ed Eirini Toliou, direttrice dell’Archivio di Stato del Dodecaneso, è prezioso in quanto consente di approfondire una pagina storica in gran parte dimenticata: quella dell’occupazione delle Sporadi meridionali, ribattezzate dal regime fascista «Possedimento italiano dell’Egeo». I due aa. hanno portato alla luce le carte dell’archivio dei carabinieri reali, conservato a Rodi. Seguendo il filone storiogra- fico recentemente avviato dagli studi di Doumanis e Labanca, la ricerca rappresenta un importante tassello della ricostruzione delle politiche fasciste rispetto alle isole del Dode- caneso, occupate nel 1912.
A lungo l’occupazione italiana è stata considerata in maniera sostanzialmente be- nevola, per le infrastrutture pubbliche realizzate, l’impulso dato all’economia locale e l’efficienza mostrata dall’amministrazione, specie all’epoca del governatore Mario Lago (1922-1936). Questo saggio contribuisce invece a scalfire l’immagine degli «italiani brava gente», evidenziando il peso dei processi di italianizzazione forzata e di fascistizzazione imposti dagli occupanti: al divieto di utilizzare la lingua greca a scuola, si unirono il ten- tativo di controllo della Chiesa ortodossa, la concentrazione delle attività imprenditoriali in mano italiana e un piano diretto a favorire l’immigrazione di coloni provenienti dalle aree rurali più povere d’Italia.
Dovendo controllare una popolazione con una significativa presenza di nazionali- sti greci, gli italiani crearono un vero e proprio Stato di polizia: su una popolazione di
130.000 abitanti, i carabinieri raccolsero circa 90.000 dossier personali. A partire dal 1936, con l’arrivo a Rodi del nuovo governatore, Cesare Maria De Vecchi, reduce da esperienze di repressione nelle colonie africane, si iniziò a colpire anche l’antica comunità ebraica. Riprendendo spunti emersi dalle ricerche condotte dal Cdec il volume si scinde in due parti: la prima dedicata alla vicenda del Pencho, il battello fluviale che, salpato nel maggio del 1940 da Bratislava, naufragò in ottobre al largo di Rodi, con più di cinquecen- to ebrei in fuga, diretti in Palestina. Salvati da una nave italiana, i naufraghi finirono nel campo di Ferramonti Tarsia. La seconda parte affronta invece il tema della Shoah nel Do- decaneso, alla luce di documenti inediti che consentono di acquisire nuove informazioni sui metodi utilizzati dai nazifascisti per deportare gli ebrei rodioti: via mare fino al Pireo e da lì, in treno, ad Auschwitz-Birkenau. Carte significative dimostrano la complicità dei carabinieri (fedeli alla Rsi) e delle autorità civili italiane con i nazisti.
Unici nei potrebbero essere rappresentati dalla mancanza di un’introduzione e da alcuni giudizi un po’ affrettati su figure che andrebbero ulteriormente approfondite, come Antonio Macchi, ultimo podestà di Rodi, il cui ruolo, qui minimizzato, acquista una luce differente consultando altre fonti (come l’archivio dell’Arde). Si tratta di piccole ombre, per un saggio ricco di documentazione e capace di offrire numerosi spunti per future ricerche.

Andrea Villa