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Gonzalo Butrón Prida – Nuestra Sagrada Causa. El modelo gaditano en la Revolución Piamontesa de 1821 – 2006

Gonzalo Butrón Prida
Cádiz, Fundación Municipal de Cultura Excmo Ayuntamiento de Cádiz, 247 pp., s.i.

Anno di pubblicazione: 2006

Con questo libro l’autore ha vinto il quarto Premio di scienze sociali «Cortes de Cádiz», presentando il saggio sotto lo pseudonimo Monte Bianco. Il lavoro descrive l’impatto della Costituzione di Cadice del 1812 sul dibattito politico dell’Italia preunitaria, sul processo di mitizzazione del modello rivoluzionario spagnolo e sulla applicazione dei suoi principi nel Regno di Sardegna. L’itinerario descritto, con un linguaggio chiaro e utilizzando sia la letteratura storiografica che fonti archivistiche, affronta così l’esperienza costituzionale del 1821 inserendola nel contesto di cultura politica dell’età della Restaurazione.La domanda da cui parte Butron Prida è come sia stato possibile l’affermarsi di questo modello politico che inizialmente aveva un consenso minoritario: la risposta viene ricercata nella debolezza del pensiero moderato che non coglie la forza dell’esempio spagnolo come parola d’ordine del liberalismo basato su due chiare pietre miliari: la lotta d’indipendenza contro Napoleone e la strategia del pronunciamento, «que fue visto como la estrategia que permitía afrontar un cambio político completo a través de un proceso revolucionario controlado» (p. 71). Lo spazio per un riformismo moderato viene restringendosi dopo le rivoluzioni di Spagna, Portogallo e Napoli che determinano una polarizzazione del dibattito politico e questo spiega l’evoluzione delle posizioni di personalità come Santorre di Santarosa, preso ad esempio del pragmatismo politico che porterà all’affermazione della Costituzione di Cadice anche nel Piemonte. Questo tema viene anche ripreso nella descrizione dei soggetti sociali che promuovono e appoggiano l’esperienza costituzionale, e nell’articolazione delle relative opzioni politiche, tema già consolidato dalla storiografia che ha ormai descritto le dinamiche aristocrazia/borghesia e centro/periferia in relazione alla preferenza del modello francese o di quello spagnolo. Butron sottolinea invece in maniera particolare il ruolo della diplomazia europea, «y en especial de la embajada española» (p. 100), accentuando un elemento di etero-direzione dei moti fino ad oggi proprio della polemica conservatrice che identificava in Eusebio de Bardají, l’ambasciatore spagnolo, e nelle sette segrete gli artefici della rivoluzione del 1821, fenomeno giudicato così estraneo alla società piemontese. A questo elemento originale, che però andrebbe rafforzato e validato con altri documenti archivistici, si accompagna la presa di posizione nella querelle storiografica sulla reale conoscenza del testo gaditano: Butron si schiera con coloro che ne riconoscono un rilevante grado di diffusione (da Candido a Mugnaini) contro coloro che ne identificano invece un’adozione superficiale (da Ferrando Badía a Scotti Douglas). Su altri temi del dibattito storiografico, l’autore sceglie la strada della ricostruzione accurata delle posizioni senza intervenire nel merito.Prologo di Manuel Espadas Burgos. In appendice sette documenti ? italiani e spagnoli ? del 1820-1821; manca l’indice dei nomi ma è dettagliata l’indicazioni delle fonti e della bibliografia.

Agostino Bistarelli