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Guido Bellatti Ceccoli – Tra Toscana e Medioriente. La storia degli arabi cattolici a Livorno (sec. XVII-XX) – 2008

Guido Bellatti Ceccoli
prefazione di Riccardo Burigana, Livorno, Editasca, 385 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il libro di Bellatti Ceccoli s’inserisce nell’ampio filone di studi che ha come focus la città di Livorno, affrontando un tema tanto delicato quanto ancora poco approfondito, quello della presenza in città di una folta comunità di arabi di fede cattolica sia in età moderna che contemporanea. Lo fa attraverso una pluralità di fonti, tanto in lingua italiana quanto in arabo, integrate ove possibile con testimonianze orali e fonti a stampa.Il risultato è un libro interessante, che ripercorre le vicende dei maroniti, dei melchiti e degli armeni livornesi con un’attenzione particolare per i loro luoghi di culto, quasi tutti brevemente descritti nella loro storia, nella struttura architettonica e a volte persino negli arredi, e per alcuni personaggi ? P. ?irûnimûs Nunziata, P. Tommaso Diab, il cosiddetto Faccardino, la famiglia De Ghantuz Cubbe ed altri ancora ?, cui l’a. dedica singole sezioni ricostruendone il ruolo in seno alla comunità. Più trascurati appaiono invece alcuni nodi problematici che ci sarebbe piaciuto vedere affrontati più ampiamente, attraverso una prospettiva che tenesse conto anche di soggetti non appartenenti al clero o all’élite cittadina, e ricorrendo al contributo ermeneutico-categoriale di discipline come la sociologia delle minoranze, l’antropologia e l’analisi di rete, largamente presenti nei più recenti studi di storia delle minoranze e invece del tutto estranei a una bibliografia che risulta peraltro assai ampia ed aggiornata per altri aspetti.Tra i punti che restano sostanzialmente oscuri, di particolare interesse appare quello della «arabità» di questi soggetti; affrontato succintamente al momento di spiegare i criteri adottati per selezionare gli individui da studiare (pp. 42-45), poco si apprende per il resto circa il significato dell’essere arabo e al contempo cristiano per queste persone, sia nel senso di un’auto-percezione identitaria da costruirsi in un contesto multireligioso e multietnico, sia al contrario per quanto attiene l’etero-definizione di questo gruppo da parte delle autorità e della società in cui esso si colloca, soprattutto «in tempi nei quali l’intolleranza religiosa rappresentava uno dei pilastri della società» (Prefazione, p. 13). Se poi il caso dei melchiti, «quei ?greci? che parlano arabo», offre all’a. l’occasione di ragionare sull’intreccio tra dimensione etnica e dimensione religiosa nella formazione dell’identità dei migranti arabo-cattolici presenti a Livorno, per il resto le vicende di questi monaci e sacerdoti, monsignori e parroci, nonché la vita delle loro comunità appaiono analizzate come sostanzialmente avulse dalla dialettica con il contesto locale, estranee alle dinamiche contrastive e a volte negoziali che segnano profondamente l’agire degli stranieri nei centri dell’Italia moderna e contemporanea che ospitano minoranze etnicoreligiose. Un approccio che, se da un lato consente di conoscere nel dettaglio l’azione pastorale degli uni e di apprezzare i termini della presenza in città delle altre, dall’altra delude però una parte delle attese alimentate da un titolo ambizioso che sembrava promettere qualcosa di diverso.

Marco Rovinello