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Guido Crainz – L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia – 2007

Guido Crainz
Roma, Donzelli, V-150 pp., Euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2007

Tra i pregi di questo libro ci sono la brevità e l’agilità che ne fanno uno strumento adatto alla diffusione di idee storiograficamente fondate a fronte di una pubblicistica, a stampa e televisiva, troppo condizionata da umori politici.Non è però un lavoro solo divulgativo. Il tratto di originalità si legge subito nella ricerca che lo sorregge e nello schema che mette a confronto l’eredità della guerra nelle due sezioni del paese, meridionale e settentrionale, sfuggendo così alla vulgata che condensa negli avvenimenti del Nord Italia le esemplificazioni destinate a dare senso e spessore etico-politico alla narrazione. Il Sud è «terra di nessuno» (così un volantino lanciato dagli Alleati) o, secondo Crainz, «l’inferno congiunto di stragi naziste e di bombardamenti alleati» (p. 17). I mesi delle operazioni militari attorno al fronte di Cassino vedono una popolazione passiva, in balia delle contrastanti forze militari, incapace di distinguere l’amico dal nemico, poiché da tutti subisce violenza. Alfine l’Italia «liberata prima della liberazione» offre agli osservatori coevi lo spettacolo di una desolante disgregazione sociale che nessuna forza politica o morale riesce ad arginare. Un pessimismo dell’intelligenza e forse anche della volontà che Crainz legge nel pur lucido dibattito intellettuale di quei mesi di attesa, dal Croce della «finis Europae» a un De Ruggero che intravede «piuttosto che una democrazia in divenire [?] una dittatura in sfacelo» (p. 41). Anche la ricostruzione della vicenda che riguarda il Centro-Nord, teatro della lotta di liberazione, viene letta senza trionfalismi. Crainz sceglie di mettere in evidenza gli aspetti più crudi, quella «inespiabile» violenza che non avrà fine nel maggio del 1945, ma che le stesse forze della Resistenza stenteranno a fermare. Si riprendono qui con autorevolezza le fila di un dibattito, che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni, accompagnando la lunga eclissi di quel sistema politico che aveva tratto legittimazione dal mito resistenziale. E qui davvero è importante la capacità di mantenersi sul tracciato di un discorso storiografico, anche per proporre gli impietosi scenari, ma all’interno di una logica e di una disciplina che ci restituisca una lettura valida e convincente e che eviti le tentazioni di improvvisati e anacronistici processi al passato, per di più fondati su una preoccupante assenza di acribia (il riferimento esplicito è a Gian Paolo Pansa, cfr. pp. 80-81). L’Italia del 1945 è un paese che ha vissuto esperienze di guerra differenti, ma che dialoga (per esempio sulla gestione diversa dell’epurazione a Nord e a Sud), che ha da mettere in conto esplosioni di violenza, riti cannibaleschi, vendette. Il dilemma se ricordare o rimuovere, posto subito, viene riletto rievocando l’accoglienza che ebbe Napoli milionaria alla prima uscita a Napoli e Roma nel 1945. Ma il problema di oggi sembra il come ricordare quello che ancora resta il passaggio fondamentale della storia dell’Italia contemporanea visto da prospettive diverse che per il passato: non più come legittimazione di un sistema di partiti ormai scomparsi, ma ricondotto nel contesto più ampio e poco lineare di processi di democratizzazione che fanno i conti con l’antico problema della violenza.

Rosario Mangiameli