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Guido Zagheni – La croce e il fascio. I cattolici italiani e la dittatura – 2006

Guido Zagheni
Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 383 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

Errerebbe chi pensasse di trovarsi di fronte ad uno studio approfondito dei rapporti tra fascismo e Chiesa cattolica. In realtà si tratta di uno scritto divulgativo sulla storia del fascismo, che dedica solo un centinaio di pagine al tema specifico dei rapporti di questo con la Chiesa. Stupisce che l’autore, un sacerdote che insegna Storia della Chiesa contemporanea all’Istituto Superiore di Scienze religiose di Milano, sciupi una diecina di pagine per parlare di «mogli, amanti e figli» di Mussolini, dedichi note per sottolineare l’uso di droghe da parte di D’Annunzio (p. 15, n. 2), riporti aneddoti di dubbio gusto (pp. 122-123) che poco aiutano a capire i fondamenti del fascismo e le ragioni della sua affermazione. Francamente sorprendente è poi la conclusione secondo cui «Mussolini contribuì ad aprire gli italiani alla partecipazione politica e alla democratizzazione» (p. 357). Lascia perplessi anche l’elenco che Zagheni fa delle «fratture» nella vita dell’Italia, in cui, accanto alla breccia di Porta Pia e all’8 settembre 1943 viene collocata la battaglia dell’Aspromonte, definito «episodio importante ma poco noto» (p. 359, n. 9). Quando l’esercito piemontese (che per la verità nel 1862 era già italiano) sparò contro Garibaldi si sarebbe segnato «il distacco del neonato Stato dal Risorgimento democratico» (p. 359). Sorvolando sulle conclusioni, che contengono osservazioni superficiali su un paese che per quarant’anni avrebbe vissuto in un «papocchio tutto italiano», che snaturava «sia il sistema liberista che quello marxista» (p. 361), si possono fare alcune osservazioni su quanto viene detto nella parte centrale del volume. È sbagliato sostenere che De Gasperi fosse contrario ai Patti Lateranensi. Basta leggere le sue lettere da tempo pubblicate sull’argomento (che pure l’autore cita) per comprendere come ben diversamente articolato fosse il suo pensiero (p. 166). Affermare che l’Azione Cattolica fu «una delle poche realtà d’opposizione al regime» (p. 207) e sostenere la tesi di una «irriducibile incompatibilità tra Azione Cattolica e fascismo» (p. 198), vuol dire trascurare gli esiti del dibattito storiografico sull’argomento. L’assenza dalla bibliografia di ogni riferimento a Scoppola, Rogari, Giovagnoli e dello studio di Renato Moro sulla formazione della classe dirigente cattolica (evidentemente compensati da L’Italia in camicia nera di Montanelli e dai libri di Arrigo Petacco) è un ulteriore motivo di stupore. È infine sperabile che la definizione de «L’Italia», il quotidiano della Curia milanese, come «giornale del regime» (p. 234, n. 48), sia frutto di una mera svista.

Alfredo Canavero