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I cattolici sardi e il Risorgimento

Giuseppe Zichi
introduzione di Francesco Malgeri, Mi- lano, FrancoAngeli, 312 pp., € 38,00

Anno di pubblicazione: 2015

La storia italiana della Sardegna ricominciò all’inizio del ’700 allorché, dopo il Trat- tato di Londra, i Savoia presero ufficialmente possesso del Regno di Sardegna. La firma del concordato tra lo Stato pontificio e il Regno sabaudo nel 1727 diede inizio per l’isola a una fase di crescita e modernizzazione. Anche la Chiesa sarda diede inizio a una politica ecclesiastica «nuova» portata avanti da uomini «nuovi» in gran parte piemontesi o comun- que vicini al Piemonte sabaudo.
Nell’ultimo decennio del ’700 la Chiesa si mobilitò per difendere l’isola dalla mi- naccia di un’invasione francese, in un’alleanza del «trono con l’altare» che si consolidò poi con l’arrivo della corte dei Savoia a Cagliari. Da queste vicende, del tutto peculiari, parte il lavoro di Zichi che ricostruisce la storia della Chiesa nell’arco di due secoli. Una volta consolidato, il rapporto si estrinsecò in una molteplicità di servizi che da una parte e dall’altra garantivano sicurezza e uno scambio reciproco. Mentre la Chiesa occupava saldamente spazi nell’istruzione, nell’assistenza e nella sanità, offriva d’altro canto il sup- porto della sua capillare organizzazione sul territorio per mantenere l’ordine e diffondere e far rispettare editti e ordinanze governative.
All’inizio dell’800, l’editto delle Chiudende – un secolo dopo l’arrivo dei piemon- tesi – diede inizio alla liquidazione del feudalesimo e d’altra parte avviò anche una nuova fase nei rapporti tra Stato e Chiesa incrinando l’alleanza tra trono e altare. Alla metà dell’800, la Fusione perfetta, lo Statuto albertino e poi l’abolizione dei conventi e degli ordini religiosi e l’espulsione dei gesuiti, minarono la solidità del rapporto. Tuttavia nella base cattolica si fece strada un sempre più consolidato movimento di cattolici liberali favorevoli all’avvio di un processo unitario. L’Italia compare nelle riflessioni di Giorgio Asproni e di Salvator Angelo De Castro, come aspirazione massima non in contrasto con la religione. Anticipo della rottura tra Stato e Chiesa che si consumò negli anni della nascita del Regno d’Italia.
L’approvazione delle leggi Siccardi nel 1850 fu interpretata dalla Chiesa, sarda e non, come un atto di deliberato attacco contro la Chiesa cattolica. Anche il clero sardo, radunato in congresso a Oristano, manifestò la sua fedeltà al pontefice e l’opposizione alle leggi. Il volume si conclude con il dibattito su Roma capitale e la successiva presa della città. Con il 1870 si aprì nei rapporti tra il Regno d’Italia e la Chiesa una fase del tutto nuova segnata dall’intransigenza e dall’inconciliabilità. Anche la Chiesa sarda si allineò a questa posizione difendendo il pontefice e la sua infallibilità fino all’emergere di una nuova generazione di clero ormai italiana.
Nel complesso un volume denso e interessante supportato da una ricchissima ricerca che fa luce su un aspetto decisamente poco studiato nell’ambito della storiografia sarda.

Cecilia Dau Novelli