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I giuristi e la Resistenza. Una biografia intellettuale del Paese

Barbara Pezzini, Stefano Rossi (a cura di)
Milano, FrancoAngeli, 248 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume, pubblicato nella collana di «Scritti di diritto pubblico» per i settant’anni dell’Assemblea costituente e frutto di un convegno svoltosi presso l’Università di Bergamo nel 2015, si pone tra la storia costituzionale e il diritto. La transizione dal fascismo alla Repubblica è qui affrontata attraverso le idee (e perché no, anche l’agire) di alcuni tra i più importanti giuristi italiani del ’900 nella Resistenza.
L’intento dei curatori è quello di «attualizzare» i nessi tra Resistenza, Assemblea costituente e Costituzione repubblicana, attraverso la ricostruzione di una «biografia nazionale» (p. 219). Si susseguono così le biografie intellettuali di Piero Calamandrei (di Elena Bindi), Giuliano Vassalli (di Giandomenico Dodaro), Silvio Trentin (di Fulvio Cortese), Giorgio La Pira (di Filippo Pizzolato), Giuseppe Dossetti (di Stefano Rossi) e Duccio Galimberti (di Chiara Tripodina), concentrate sul periodo della transizione (impegno nella lotta partigiana e sui temi costituzionali). Ma non solo dato che tre saggi affrontano il legame tra la Resistenza e la Costituzione: Roberto Bin, I giuristi tra Resistenza e Costituente; Andrea Buratti, Diritto di resistenza e Costituzione: diritti oppositivi, contropoteri istituzionali, prassi democratiche del popolo; Barbara Pezzini, Attualità della Resistenza: la matrice antifascista della Costituzione repubblicana.
In quegli anni – decisivi per il futuro della Repubblica – l’entità del mutamento istituzionale in atto spinse i giuristi all’adozione di nuovi paradigmi interpretativi e normativi, e divise la scienza giuridica tra un «prima» e un «dopo», seppure non senza ovvie continuità dottrinali rispetto al regime fascista. In alcune biografie più delle altre si avverte però la rottura col passato: sia sul piano intellettuale, come nel progetto di costituzione federalista europea ideato nell’aprile 1943 da Duccio Galimberti (leader della Resistenza piemontese, ucciso senza processo dai repubblichini il 3 dicembre 1944) e da Antonino Rèpaci, seppure in presenza di «contraddizioni, distopie, pre-veggenze e utopie» (pp. 190 ss. del bel saggio di Tripodina); sia su quello più personale, come la nuova consapevolezza antifascista conquistata dal giovane Giuliano Vassalli quando, nel 1936, l’amato zio Mario Angeloni morì per difendere la Repubblica spagnola nella guerra civile.Il filo comune di queste storie si ritrova forse proprio nel tentativo di collegare il pensiero dei giuristi alla loro esperienza concreta. Insomma, come sottolineò Paolo Ungari, non si è più di fronte (per fortuna) a una «una narrazione vista come uno scontro tra ideologie giuridiche astratte» dove «i bei cimieri piumati e le visiere abbassate nascondono il volto dei ceti e degli uomini», ma a un’analisi del diritto vivente, che, specie nei periodi di crisi, è fatta più «dalla storia degli uomini» che «dalla storia della volontà giuridica astratta» (1970, in «Storia contemporanea», p. 384).

Antonella Meniconi