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Il Giappone moderno. Dall’Ottocento al 1945

Andrea Revelant
Torino, Einaudi, 567 pp., € 34,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume propone una ricostruzione della storia del Giappone che copre circa un
secolo, dalla metà dell’800 alla fine della seconda guerra mondiale, sebbene il primo capitolo
ripercorra il periodo dalle origini (VII secolo) al crollo del sistema shogunale. Il testo
è articolato in tre parti (La costruzione della modernità; Il Giappone imperiale; Crisi e crollo
dell’impero) ed è composto da otto capitoli. Uno dei suoi punti di forza è la continua e
attenta ricerca dei processi e dei fenomeni che hanno legato la dimensione politica interna
alla performance internazionale, dalla costruzione dello Stato unitario alla resa incondizionata
che pose fine alla guerra del Pacifico. Le dinamiche partitiche di un paese che si
era appena «modernizzato» sul modello delle più evolute realtà occidentali lasciandosi alle
spalle una società tardo-feudale (con le naturali difficoltà e contraddizioni del caso) si intrecciano
con quelle di politica estera che portarono il Giappone a destabilizzare l’egemonia
dell’Impero zarista sui mari estremorientali e poi ad affermarsi come nuova potenza.
Uno dei caratteri particolari del volume sta nello spazio e, anche stavolta, nell’attenta
cura che l’a. ha riservato all’analisi delle politiche finanziarie, monetarie e fiscali che hanno
riguardato la storia del paese fin dall’epoca Meiji. Si tratta di un aspetto spesso trascurato,
o quanto meno non sufficientemente approfondito, dalla manualistica precedente e
ciò si può attribuire senza dubbio alla formazione specifica dell’a. che già nei suoi scritti
precedenti si era consacrato con successo allo studio di questi temi. Il capitolo V (Economia
e società imperiali) traccia, di fatto, nel dettaglio quella rotta che dalla rivoluzione
industriale avviata in Giappone all’inizio del periodo Meiji condusse, nei decenni seguenti,
a «un’ulteriore evoluzione della struttura produttiva verso i comparti più avanzati per
intensità di capitale e tecnologia» (p. 267). L’analisi presentata è corredata di dati e grafici
ed è di grande utilità anche nel collocare nella giusta luce il grande capitale e la finanza
internazionale, elementi questi che conobbero una stretta relazione anche con le vicende
dell’ascesa del militarismo giapponese e con l’avventura imperialista del paese. In effetti,
il «periodico rifornimento di capitale dall’estero divenne indispensabile per lo sviluppo
industriale del Giappone e per il progresso della sua politica coloniale» (p. 282).
Meno presente nella trattazione è, invece, l’aspetto della politica culturale o, più in generale,
dei processi culturali e politico-filosofici che così profondamente segnarono la storia
del paese specialmente nel periodo tra le due guerre e che esercitarono un’influenza non del
tutto trascurabile nei circoli politici (dal socialismo rivoluzionario ai dibattiti Chūōkōron).
Tuttavia, si tratta di un volume corposo e che offre una narrazione alquanto vasta delle varie
dimensioni che hanno contraddistinto la storia giapponese nel periodo considerato, basato
ampiamente su fonti anche primarie e altamente specialistiche. Un contributo che arricchisce
pregevolmente la letteratura di settore del panorama italiano.

Oliviero Frattolillo