Cerca

Il nemico in casa. Storia dell’Italia occupata 1943-1945

Marco Patricelli
Roma-Bari, Laterza, 344 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione:

Nel 1993 è stata pubblicata in italiano la ricerca di Lutz Klinkhammer sull’occupazione
nazista in Italia, che aveva seguito il lavoro pionieristico di Enzo Collotti del 1963.
In occasione di un rinnovato interesse per questi temi, nel 70° anniversario della fine della
guerra, molti volumi hanno affollato gli scaffali delle librerie, spesso rivolti al grande pubblico.
È questo il caso del volume di Patricelli, docente all’Università di Chieti e già autore
di numerose pubblicazioni sul periodo, scritto in forma scorrevole e con poche note, che
si discosta molto dal lavoro succitato di Klinkhammer.
L’a. mette al centro l’Italia, o meglio il popolo italiano, stretto fra gli occupanti tedeschi
e gli angloamericani: «Due macchine da guerra spietate. I primi crimini di guerra sul territorio
italiano li commettono gli americani, che si propongono come amici e liberatori, ma non
si fanno scrupolo di passare per le armi i soldati che si sono arresi. Poi toccherà ai tedeschi,
e saranno all’altezza della fama di crudeltà conquistata in Polonia e in Unione Sovietica.
L’Italia è preda, gli italiani sono predati, in balia degli eserciti stranieri, che siano occupanti
e alleati» – così si legge nel risvolto di copertina, mentre nell’introduzione si precisa il taglio
proposto dall’a., che definisce la guerra del 1943-1945 «non solo guerra di liberazione» (p.
XII), poiché «c’era poi un’altra guerra, quella per la sopravvivenza, che veniva combattuta
quotidianamente dagli italiani e su cui questo libro si sofferma» (p. XIII).
In 25 capitoli, Patricelli sceglie di raccontare l’occupazione che è «nel suo complesso
sofferenza, privazione, dramma» (p. XIII): dall’immagine del popolo italiano come
traditore, alle condizioni difficilissime dell’approvvigionamento, fino alla situazione dei
prigionieri di guerra, alla caccia agli ebrei, alla violenza diffusa, all’attività delle Brigate
nere. Nel capitolo 16 (con il titolo «Se ci sei batti un colpo»), si parla del «movimento
partigiano» descritto come «un movimento composito. Ha tante anime non sempre d’accordo
fra loro, nonostante il nemico comune indossi la divisa della Wehrmacht e delle
Waffen-SS e quelle variegate delle milizie repubblichine» (p. 194).
Anche dalle poche citazioni riportate risultano chiare le posizioni dell’a., che legge
queste vicende come quelle di un paese vittima al tempo stesso degli occupanti e degli
angloamericani, mentre l’ultimo Mussolini è considerato un fantasma e la Resistenza un
coacervo di anime divise e in conflitto, proponendo una narrazione degli eventi che sembra
ormai consolidata nelle forme comunicative destinate al grande pubblico. Fra le molte
notazioni possibili, una è sostanziale: per tracciare un quadro della società italiana al
tempo di guerra è certamente utile utilizzare la ormai abbondante storiografia che invece
spinge a considerare il periodo 1943-1945 il termine di un’esperienza avviata nel 1940,
quando la guerra entra nelle case degli italiani, al fine di mettere al centro la guerra voluta
dal fascismo, le scelte e le responsabilità del regime, tenendo conto di una periodizzazione
che non si limiti solo alla fase conclusiva.

Valeria Galimi