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Il nostro dovere. L’Unione Femminile tra impegno sociale, guerra e fascismo (1899-1939)

Graziella Gaballo
Novi Ligure, Edizioni Joker, 452 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2015

L’Unione Femminile nata a Milano nel 1899 è stata indubbiamente uno dei gruppi
più interessanti dell’emancipazionismo storico in Italia. Interprete principale di quel
«femminismo pratico» che affiancava alla lotta per i diritti la realizzazione di opere capaci
di valorizzare le competenze femminili, prefigurando contemporaneamente il modello di
società voluto dalle donne, l’Unione è stata oggetto di diversi studi che si sono concentrati
prevalentemente sul periodo liberale. Merito di questa ampia ricerca è di aver considerato
un ciclo compiuto nella storia dell’organizzazione, dalla nascita alla soppressione per
mano del regime fascista nel 1939 (sarebbe rinata nel secondo dopoguerra ed è tuttora
attiva). Una scelta cronologica storiograficamente efficace che permette di guardare sia ai
momenti di maggior sviluppo del modello di intervento sociale dell’Unione, sia a quelli
della crisi.
La prima parte del libro traccia un quadro delle iniziative dell’Unione nel primo
quindicennio del ’900. Ponendo su nuove basi la tradizione del filantropismo laico femminile
e contando su rapporti, a volte burrascosi, con il riformismo socialista, Ersilia
Majno e le compagne realizzano una serie di opere che si segnalano per modernità, razionalità
e progettualità, per una concezione dell’assistenza come diritto e per l’attenzione
alle singolarità individuali. Il progetto politico proposto mira a influenzare gli interventi
sociali dei comuni e in prospettiva a trasformare la società alla luce di principi di giustizia
sociale e pari dignità femminile.
Il modello politico dell’Unione entra in crisi con la Grande guerra. L’organizzazione
aderisce al Comitato centrale di assistenza creato dal Comune socialista di Milano
dando vita a iniziative a favore di nuovi «soggetti deboli»: soldati, profughi, madri sole
bisognose di impiego, bambini lattanti privi di accudimento, senza voler rinunciare alla
propria tradizione emancipazionista e pacifista. Così non sarà. Dopo Caporetto, le unioniste
promuovono un’assemblea di tutte le associazioni cittadine che assume il linguaggio
e gli schemi della «cultura di guerra». Tra le richieste avanzate al governo: la soppressione
di giornali «disfattisti», come l’«Avanti!», e l’espulsione dall’Italia di tutti i cittadini tedeschi.
Nel dopoguerra l’Unione riprende le sue iniziative assistenziali e la lotta per i diritti
femminili, due poli strettamente associati nella sua strategia, ma il nuovo quadro politico
e l’ascesa del fascismo toglieranno respiro alla sua attività, fino a quando il regime, intollerante
di ogni istanza autonoma della società civile, dopo aver provocato con le leggi
razziali le dimissioni di due dirigenti ebree, il 31 gennaio 1939 decreterà lo scioglimento
dell’Unione.
Il libro di Gaballo è un lavoro di grande impegno costruito sulla base di un accuratissimo
spoglio dei fondi archivistici dell’Unione e sull’ampia conoscenza della storia politica
delle donne. Merita di essere letto per la ricchezza dei temi trattati, qui solo accennati,
per la chiarezza dell’esposizione e la perizia narrativa.

 Giuliana Franchini