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Il ritorno dei militari italiani internati in Germania: dalla «damnatio memoriae» al paradigma della Resistenza senz’armi

Sabrina Frontera
di Luciano Zani, Roma, Aracne, 207 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume condensa le ricerche che da tempo l’autrice dedica al tema dell’internamento
e riprende il suo saggio apparso su «Mondo contemporaneo», segnando la nuova
attenzione alle varie forme dell’uscita dalla guerra presente nella storiografia italiana e
all’esplosione della memorialistica sull’internamento dell’ultimo periodo.
L’introduzione di Zani non è formale, ma ha la capacità di inquadrare il lavoro
dell’autrice lungo i percorsi storiografici, ma anche dell’attenzione pubblica, che si sono
sviluppati nei decenni repubblicani, sintetizzando bene il nucleo del volume nei due processi,
inversi ma paralleli, che segnano gli internati e che a prima vista sono paradossali:
quello di maturazione e crescita individuale del periodo della prigionia, quello di chiusura
nella sfera privata e di abbandono dell’impegno partecipativo del periodo di libertà. L’uso
di una cospicua quantità di fonti permette all’a. di misurarsi con l’obiettivo dichiarato
(inserirsi nel dibattito sulla memoria della seconda guerra mondiale e sul suo uso politico):
«Capire quali furono le condizioni sociali, culturali e politiche che contribuirono al
nascere e al consolidarsi di alcune specifiche narrazioni di memoria a livello associativo
e sociale; come e in che misura le esperienze della liberazione, del rimpatrio e del reinserimento
nella vita civile degli Imi influenzarono la tendenza degli ex internati a raccontare
o tacere, e come partiti e istituzioni scelsero di interpretare e rappresentare gli Imi
sono obiettivi principali di questa ricerca» (p. 26). Così, dopo tre capitoli di descrizione
dell’esperienza dell’internamento, di quella della liberazione e delle condizioni trovate al
ritorno (che sistematizzano conoscenze in parte già acquisite dalla letteratura sul tema), ci
viene presentato il capitolo più nuovo e interessante dedicato all’identità associativa e alle
autorappresentazioni degli ex internati fino agli anni ’60. Si snoda un percorso che parte
dalla definizione istituzionale della memoria del triennio 1945-1948, passa per quella che
viene definita «liturgia commemorativa» del biennio 1952-1953 e per il decennale, fino
al ruolo giocato quasi in funzione ufficiale nelle celebrazioni del 1965.
Peccato che il libro termini con il ventennale. Alcune ipotesi di lavoro andrebbero
infatti verificate anche sugli ultimi decenni proprio perché, oltre a nuova memorialistica,
sono usciti lavori in grado di approfondire maggiormente l’uscita dalla guerra e la soggettività
delle figure coinvolte, così come l’apparire delle memorie di seconda generazione e
i mutamenti nell’attenzione istituzionale delineano percorsi polimorfi, che ci impongono
di riflettere maggiormente sui paradigmi che utilizziamo abitualmente. In questo senso si
nota l’assenza in bibliografia di alcuni studi (su tutti quello di Philip Cooke sull’eredità della
Resistenza e di Mondini-Schwarz sulle retoriche e pratiche della smobilitazione).

Agostino Bistarelli