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Il ritorno del giglio. L’esilio dei Borbone tra diplomazia e guerra civile, 1861-1870

Alessia Facineroso
Milano, FrancoAngeli, 245 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2017

Gli avversari del Risorgimento sono ormai uno dei temi più indagati dalla storiografia italiana sull’800. Le Cause perdute – come da titolo di un recente e fortunatissimo numero di «Meridiana» – evidentemente affascinano. E lo fanno certo perché, tutto sommato, restano ancora meno note di quelle vinte, che pure nell’ultimo ventennio sono state oggetto di un vero e proprio profluvio di studi e di una profonda rilettura. Ma affascinano anche perché sono storie interessanti, ricche di personaggi complessi e di situazioni da decifrare andando al di là di narrazioni largamente accettate e consolidati stereotipi storiografici. Il libro di Alessia Facineroso dà senza dubbio un contributo in tal senso. I protagonisti della storia sono Francesco II di Borbone e i suoi fedeli, nel periodo compreso fra le ultime fasi della spedizione garibaldina e il 1870. A essere investigata è in particolare l’evoluzione del sentire e dell’agire politico dei Borbone nel periodo dell’esilio, che vengono qui ricostruiti tanto sulla scorta di una vasta e aggiornata bibliografia, quanto attraverso un’ampia documentazione che spazia dalle carte conservate presso gli archivi di Stato di Palermo, Catania e Napoli (in particolare il Fondo Borbone) a quelle dei musei del Risorgimento, dal Public Record Office sino alle memorie di alcuni protagonisti e a giornali come «La Gazzetta di Gaeta».
Ne viene fuori un quadro denso e articolato di un periodo cruciale non solo per le sorti della dinastia borbonica ma, come l’a. giustamente rimarca, anche per meglio comprendere le modalità di realizzazione e i limiti del nation building postunitario. Si ha per esempio chiara la parabola dell’atteggiamento di Francesco II davanti agli eventi in corso, che passa dalla fiducia nel pronto ritorno sul trono al dover ripensarsi sconfitto quando ormai la tenuta del Regno d’Italia è evidente. Allo stesso modo, si coglie appieno l’eterogeneità e la conflittualità interna non solo al cosiddetto «partito borbonico» attivo nel Mezzogiorno, ma anche allo stesso governo in esilio e alla famiglia reale. Pure l’atteggiamento delle potenze straniere – qui visto prevalentemente con gli occhi dei Borbone – si comprende meglio grazie all’analisi della fitta rete diplomatica intessuta dai lealisti nella Penisola e in tanti Stati europei. Infine, è interessante osservare da Roma fenomeni importanti e altrimenti già investigati come il brigantaggio e la costruzione dello Stato unitario. Soprattutto perché ciò da un lato mostra la dimensione politica della lotta intrapresa da alcune fette della società meridionale dopo l’Unità; dall’altro consente di distinguere il contributo della propaganda del governo in esilio alla genesi del discorso pubblico di opposizione alla Destra storica, poia sua volta cardine della questione meridionale.
Nel complesso dunque un bel libro, che in una forma tendente al narrativo ma non banale mostra quanto ancora si possa dire su vicende e protagonisti anche molto noti del nostro Risorgimento.

Marco Rovinello