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Il secolo dei tradimenti. Da Mata Hari a Snowden 1914-2014

Marcello Flores
Bologna, il Mulino, 323 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2017

Flores ha trovato una chiave originale e appassionante per ripercorrere un secolo di storia che non riguarda solo l’Europa, ma interessa anche gli ex domini coloniali e gli Stati Uniti. La chiave è la categoria del tradimento che con l’inizio del ’900 implica soprattutto la lealtà alla nazione, alla patria e alla «patria partito» – per così dire. Eppure non è agevole offrire un identikit valido per tutti i «traditori». Durante i periodi bellici «tradimento e spionaggio si identificano e vengono usati come sinonimi interscambiabili» (p. 271).
Lungo è l’elenco delle spie di cui l’a. ricostruisce le vicende con impeccabile analisi documentaria: dalla celebre Mata Hari a Roger Casement, a Cesare Battisti e ai tanti altri fino ad arrivare all’epoca del secondo conflitto mondiale, che assume anche la fisionomia di «guerra delle spie», e alla fase della guerra fredda con la caccia alle streghe di McCarthy. Nel corso dei conflitti mondiali si iscrivono però anche i tradimenti degli Stati – basti considerare i tradimenti dell’Italia legata nel 1914 alla Triplice e nel 1943 alleata della Germania nazista. Un tradimento agli occhi del mondo antifascista è anche quello consumato dall’Urss nel 1939 con l’accordo Molotov-Ribbentrop. Ci sono poi i tradimenti collettivi imputati a una parte intera della cittadinanza: i «traditori di Caporetto», cioè i soldati italiani che nel 1917 non riescono a fermare l’offensiva austriaca; e più in generale «traditori» sono tutti i «nemici interni», una categoria largamente usata, un po’ ovunque, per accusare una parte dei soldati e della popolazione di non aver supportato con coraggio la guerra della patria. E sempre durante il secondo conflitto mondiale, in ogni paese occupato dai nazisti, traditori sono i collaborazionisti e gli esponenti dei governi Quisling, da Vichy a Salò.
Le guerre civili sono un campo dove si moltiplicano le reciproche accuse di tradimento; anzi «ogni guerra civile è un concentrato di tradimento che le due parti in lotta si rinfacciano l’un l’altra» (p. 114). In Spagna non solo i generali golpisti sono traditori, ma anche all’interno dello stesso campo di battaglia si annidano tradimenti, come testimonia la tragica vicenda del Poum e di Andreu Nin. Naturalmente i momenti culminanti nel panorama dei tradimenti si verificano durante le dittature totalitarie nelle quali l’ossessione dei traditori si trasforma in una micidiale arma politica contro chi dissente o resiste all’omologazione all’uomo nuovo. Lungo poi l’elenco dei tradimenti che si consumano nell’ambito dei partiti, specie in quei «partiti patria» in cui si attivano gli stessi meccanismi in atto nelle nazioni e negli Stati. Una categoria a parte è poi quella degli intellettuali che tradiscono in primo luogo se stessi e il loro «destino», cioè «una totale devozione alla verità», come scriveva Julien Benda nel suo celebre libro Il tradimento dei chierici, pubblicato nel 1927.
L’a. sviluppa la sua analisi fino al XXI secolo quando col declinare degli Stati nazione e l’accelerarsi del progresso tecnologico, il concetto stesso di tradimento subisce un’ulteriore mutazione, come evidenzia il caso di Edward Snowden.

Simona Colarizi