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Il senso della Repubblica. La tigre e il serpente verde. Trame associative nell’Italia radicale e nella New York della Tammany Hall. Il caso Maroncelli (1833-1890)

Sara Samorì
Milano, FrancoAngeli, 220 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2014

Frutto di un progetto di ricerca dottorale, il volume si muove tra l’Italia e gli Stati
Uniti a partire dalla vicenda dell’esule forlivese Piero Maroncelli, trait d’union iniziale di
un intreccio di temi collegabili al mondo dell’associazionismo politico di marca democratica
promosso a New York dalla Tammany Hall e nella penisola italiana dalla Massoneria
(simboleggiate dalla tigre e dal serpente verde del titolo). Particolarmente interessante risulta
la ricostruzione dell’operazione che nel 1886, a 40 anni dalla morte dell’esule, portò
una rete composita, protagonisti il gran maestro Adriano Lemmi e il deputato Alessandro
Fortis, ma anche il concittadino Aurelio Saffi, a organizzare il rimpatrio delle spoglie, su
probabile ispirazione del «caso Foscolo», i cui resti erano tornati in Italia nel 1871.
Icona vivente, nella mutilazione del corpo e nella narrazione di Pellico, del martirio
operato nelle prigioni dell’Austria, Maroncelli viene qui seguìto soprattutto nel suo
approdo e inserimento nella società americana, nel percorso misto di venerazione e tribolazione
che caratterizzò esuli e deportati negli Stati Uniti dalla seconda metà degli anni
’30 dell’800, nucleo sui generis di quella comunità italiana che si ramificò anche grazie
all’associazionismo di mazziniani e garibaldini. I sentimenti misti che la società americana
ispirò ai patrioti italiani sono documentati da più fonti, tra queste pagine di Jessie
White Mario (così a proposito del marito Alberto: «l’America lo stordiva, lo affascinava
e lo ripugnava ad un tempo», p. 103) e di Tullio Suzzara Verdi, fratello del cospiratore
mantovano Paride: arrivato ventenne a New York, vi si affermò come stimato medico e
avrebbe ricordato: «chiunque sa cosa volesse dire allora essere un italiano suddito dell’Austria
intenderà al volo come mai, ancorché fosse buio l’avvenire ed arduo trovare da vivere,
tanto maggiore era la distanza da casa mia, e tanto più intensa dovesse essere la mia
contentezza» (p. 141).
Un «puzzle» umano, come è spesso definito nel libro, non facile da sondare. Qualche
aiuto lo offrono i diari e, soprattutto per i decenni di fine ’800, le pagine di giornali come
«Il Progresso», voce delle reti associative e solidaristiche della comunità degli emigrati che
l’a. utilizza nel capitolo 4, meno legato ai tre precedenti ma ricco di informazioni sull’inserimento
degli italiani nel tessuto delle città statunitensi, nonché sulla cultura politica e
sulla ritualità celebrativa proprie della società americana.
Nel complesso, così come viene auspicato nella prefazione, i molteplici temi identitari
e comunitari incontrati nel volume, e le relative fonti, meritano ulteriori approfondimenti
che sfruttino le potenzialità delle direttrici di ricerca ‒ incluse le modalità
d’intreccio tra emigrazione politica ed emigrazione economica ‒, valorizzando l’approccio
comparativo e transazionale. Peccato per la mancanza di un indice dei nomi.

 Arianna Arisi Rota