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Il volto del nemico. Fascisti e partigiani alla guerra civile. Modena 1943-1945

Giovanni Fantozzi
Modena, Edizioni Artestampa, 600 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2013

L’imponente monografia di Fantozzi s’inserisce nella ricca stagione di studi che a partire dalla metà degli anni ’90 ha incentrato il proprio focus di ricerca sul nesso centro-periferia e sul fascismo periferico, ricostruendo in dettaglio – in particolare per gli anni del regime – i meccanismi amministrativi e i profili dei maggiori protagonisti in ambito locale. Il volume si presenta con un obiettivo preciso: tracciare in parallelo un’articolata immagine d’insieme del fascismo repubblicano e del movimento partigiano nella provincia di Modena, e metterle a confronto ricostruendo la storia dei maggiori scontri di sangue e il non dissimile uso della violenza. Questa l’ambiziosa premessa/promessa del libro, purtroppo solo in parte soddisfatta. Se la prospettiva di analisi si dimostra infatti feconda sia come lente di osservazione sulle diverse declinazioni dell’azione politica della Rsi in ambito locale, sia per lo studio della guerra civile – cornice interpretativa del conflitto in armi esplicitamente abbracciata dall’autore – il risultato ottenuto si dimostra molto difforme nella capacità di penetrazione per quanto riguarda il fascismo repubblicano e il movimento partigiano. L’effetto di sperequazione nell’analisi dei due soggetti di studio è riconducibile alle fonti utilizzate. Non solo ampie serie del Gabinetto di Prefettura, ma soprattutto la ricca documentazione contenuta nei fascicoli processuali della Corte d’assise straordinaria di Modena, che offre un’importante selezione di carte amministrative e di polizia (perlopiù andate perdute all’interno di altri fondi documentari della Rsi), attraverso cui Fantozzi ricostruisce con inedita vividezza l’azione e il punto di vista delle diverse anime del fascismo modenese nel biennio 1943-1945. Mentre la ricostruzione delle origini e dello sviluppo del movimento partigiano locale, con la sua caratteristica dialettica fra pianura e montagna, appare poco innovativa e accompagnata da giudizi sulla strategia d’azione politica della componente comunista non sufficientemente argomentati. L’immagine del fascismo repubblicano locale si presenta invece come un particolareggiato affresco di grande suggestione: il testo ricostruisce non solo il dettagliato organigramma delle cariche istituzionali locali, ma tratteggia biografie e profili di capi provincia, questori, podestà o anche di semplici responsabili amministrativi (come dirigenti della Sepral, direttori dell’Ufficio provinciale di collocamento, funzionari sindacali), che si avvicendano nella difficile gestione istituzionale dell’emergenza bellica; e analizza le origini politiche di tali figure locali – perlopiù di secondo piano – emerse alla ribalta proprio nella fase del declino fascista. L’autore dà in particolare spessore alla «socializzazione» – mettendo a tema il divario fra progettualità, aspirazioni e realizzazioni concrete – e alle scelte di politica amministrativa inerenti il lavoro e le risorse, in una cornice di scontata dipendenza dall’alleato occupante che non offusca però mai del tutto l’identità del fascismo repubblicano locale.

Toni Rovatti