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Illusioni mediterranee: il dialogo euro-arabo

Silvio Labbate
Milano, Le Monnier, 308 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume va segnalato prima di tutto per la completezza e la serietà con le quali l’a. affronta la storiografia, oramai piuttosto consolidata sul tema, e per come vi integri una ricerca ampia e diversificata sui principali archivi europei e statunitensi.
Sono poi le principali linee interpretative a rendere il volume un testo di riferimento all’interno sia della storiografia sugli anni ’70 del ’900 come snodo nei rapporti euro-atlantici, sia di quella che privilegia il rapporto Nord-Sud, nello spazio della declinante distensione.
Labbate mostra con buona capacità di sintesi e di concettualizzazione prima di tutto come il dialogo euro-arabo debba essere considerato all’interno del più ampio e articolato rapporto tra Usa e paesi dell’allora Comunità Europea, rapporto sempre più complesso e dialettico in particolare dall’avvio dell’amministrazione Nixon-Kissinger. Già nella risposta alla guerra dello Yom Kippur e poi all’embargo, ma poi in maniera ancora più esplicita con il progetto del gennaio 1974, è evidente come il dialogo euro-arabo si trasformi, almeno nell’ottica francese, nello strumento per andare verso una sempre maggiore autonomizzazione europea dagli Usa.
La risposta degli Usa e in particolare di Kissinger è tutta finalizzata a contrastare questa autonomizzazione politica e, come mostra bene l’a., fondamentale per gli Stati Uniti è che questione energetica e questione israelo-palestinese non finiscano per sovrapporsi.
Il volume risulta forse ancora più innovativo laddove indaga e descrive la seconda parte di questa storia, cioè quella successiva alla crisi petrolifera. Da un lato si mostra come la diplomazia francese, e per certi versi anche quella tedesca, insistano affinché il «dialogo» resti aperto e specialmente si sostanzi di iniziative soprattutto economiche. In questa fase di grande interesse sono le posizioni, sempre più articolate e sempre meno unitarie, degli altri paesi della Cee. Dall’altro lato, però, l’a. non perde di vista i limiti della farraginosa condotta diplomatica dei paesi arabi, sin dai primi passi esclusivamente concentrati sulla dimensione politica e diplomatica del dialogo, considerando la «causa palestinese» come una sorta di questione preventiva e da porre a monte di qualsiasi altro dibattito con ogni interlocutore che si interessi all’area.
È ovvio come l’accelerazione di Camp David e quella della Rivoluzione iraniana finiscano per travolgere un edificio, quello del dialogo euro-arabo, sicuramente indispensabile ma con basi fragili, in larga parte per l’utilizzo strumentale che di questo ne hanno fatto tutti i principali protagonisti.
Infine, altro grande merito del volume è quello di illuminare il passato in una chiara ottica di storia del tempo presente. Le difficoltà e il nulla di fatto sostanziale del progetto di Unione per il Mediterraneo, così come l’assenza ingiustificata della diplomazia europea e di quella statunitense nella questione siriana, almeno in parte affondano le radici proprio nel fallimento del dialogo euro-arabo, nelle incomprensioni all’interno del contesto euro-atlantico e nell’incapacità europea di strutturare un embrione di politica estera comune.

Michele Marchi