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Irredentismi. Politica, cultura e propaganda nell’Europa dei nazionalismi

Luca G. Manenti, Deborah Paci (a cura di)
Milano, Unicopli, 203 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2017

In ognuno dei capitoli che compongono il volume sono trattati singoli casi di studio
riconducibili alla categoria interpretativa dell’irredentismo. Il termine, come ricordano i
curatori nell’Introduzione, fu coniato in Italia nella seconda metà dell’800 ma si diffuse
con una certa rapidità e facilità anche all’estero, in special modo tra la fine del XIX e la
metà del XX secolo, periodo che costituisce l’arco temporale coperto dal libro.
La maggior parte dei saggi sono dedicati all’irredentismo italiano in Trentino, Venezia
Giulia e Litorale adriatico orientale, affrontati sotto diversi aspetti: attraverso le figure
di singoli personaggi come Scipio Slataper, Ottone Brentari, Angelo Vivante e Francesco
Menestrina, oppure da un punto di vista più specifico (ma estremamente interessante),
ossia quello della musica, elemento culturale di identificazione per le comunità italiana,
slovena e austriaca nello spazio cittadino di Trieste.
Non mancano studi su contesti differenti, come il caso del Lussemburgo, rivendicato
dagli irredentisti del Belgio nel 1867, o le isole Åland, oggetto del contendere tra Finlandia
e Svezia. Questi ultimi due saggi, firmati da Christophe Chevalier e, rispettivamente,
da Deborah Paci, presentano un’impostazione tipica di storia diplomatica internazionale.
Lo stesso può dirsi del lavoro di Nial MacGalloway sull’occupazione italiana di Nizza
durante la seconda guerra mondiale. Ciò costituisce senza dubbio un arricchimento dei
contenuti del volume e, come spiegano i curatori nell’Introduzione, aiuta a comprendere
come il fenomeno irredentista ebbe caratteristiche comuni che legano esperienze diverse
in molteplici scenari storici e geografici. Avrebbe tuttavia giovato un maggiore approfondimento
delle ragioni che hanno dettato la scelta di alcuni casi di studio e non di altri, che
pure avrebbero potuto fornire ulteriori spunti critici per una trattazione più completa del
fenomeno. Si pensi, solo per fare un esempio, alle varie questioni irredentistiche balcaniche
fra ’800 e ’900, alle quali più di un autore fa opportunamente cenno ma che, tuttavia,
non sono oggetto di una specifica trattazione.
A conferma dell’omogeneità tematica dei lavori dedicati all’irredentismo italiano,
si può anche leggere l’utile Appendice, intitolata bussole, nella quale tre diversi studiosi
analizzano, in sintetiche schede tematiche, gli aspetti più salienti della questione trentina
(Alessio Quercioli), di quella della Venezia Giulia (Fabio Todero) e il punto di vista austriaco
sul problema delle terre rivendicate dagli italiani (Stefan Wedrac).
Il volume nel suo complesso è, dunque, un contributo originale e ben documentato
alla conoscenza di un aspetto di rilievo del nazionalismo contemporaneo europeo, l’irredentismo,
colto soprattutto nel suo momento evolutivo da idealità democratica di matrice
risorgimentale (finalizzata alla costituzione di una patria comune per un determinato
popolo) a nazionalismo di tipo etnico.

Antonio D’Alessandri