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Italia e Ungheria tra una guerra e l’altra (1921-1945)

Roberto Ruspanti, Zoltán Turgonyi (a cura di)
Budapest, Mta Btk-Cisueco, 340 pp., s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume è frutto di un convegno e affronta il periodo interbellico e la seconda guer- ra mondiale, intersecando in maniera adeguata articoli di carattere storiografico, letterari e altri ancora di genere più sfumato ma di non minore interesse per gli studiosi.
La classe dirigente magiara, legata ancora a movenze e riti dell’epoca delle grandi po- tenze, faticò non poco ad adeguarsi a un mondo che rapidamente si trasformava. Lo mo- stra bene l’articolo del geografo Alessandro Gallo basato sull’analisi della competizione, sorta attorno alla definizione delle nuove frontiere ungheresi, tra i geografi di Budapest e i loro avversari. La partita non si giocava più soltanto sui meri dati statistici e storici; erano nel frattempo intervenuti altri fattori, tra i quali la capacità di attirarsi le simpatie dell’opinione pubblica europea. Gli avversari degli ungheresi producevano, forse, carte meno accurate da un punto di vista tecnico-scientifico ma più semplici e convincenti e soprattutto esse erano accompagnate da articoli di stampa e pamphlet che illustravano con dovizia di particolari le colpe dell’imperialismo e dello sciovinismo magiaro alleato della Germania.
Sconfitta e isolata, l’Ungheria, soprattutto negli anni ’20, sembrò trovare nell’Italia un possibile alleato per uscire dall’angolo. Mussolini, in particolare dopo il 1925, tentò di costruire sul Danubio e nei Balcani le basi di una nuova politica di potenza. Una manovra ben presto abortita e che allontanò da Roma tanto i vincitori quanto gli sconfitti. L’Un- gheria e il suo revisionismo molto teorico e poco concreto, vigilata com’era dalla Piccola Intesa e limitata dalle povere risorse di un paese schiacciato da una crisi economica e di identità, rimase per diversi anni forse l’unica certezza della politica estera italiana nella regione. In questa stagione gli intensi rapporti tra i due paesi riguardarono il campo delle relazioni non solo politiche ma anche culturali ed economiche. Antonio D’Alessandri ha mostrato bene come di questa speciale relazione beneficiarono gli studi risorgimentali sulle relazioni italo-ungheresi.
Il merito del libro è però quello di sapersi spingere oltre la facile apparenza. Il blocco degli articoli più politici, di Giulia Lami, Francesco Guida e Gianluca Volpi, chiarisce come la penetrazione politica dell’Italia fascista anche in Ungheria non poté andare oltre una soglia che difficilmente possiamo definire poco più che superficiale, nonostante le grandi dimostrazioni d’amicizia e alcuni «favorucci» più o meno leciti che i due governi e le rispettive amministrazioni si scambiarono. I limiti politici, economici e militari della politica internazionale mussoliniana sono ormai noti e dunque non potevano essere le armi spuntate del fascismo italiano a disincagliare l’Ungheria dalla scomoda posizione cui i trattati e le misure di sicurezza messe in atto dai vicini l’avevano relegata. Nel complesso quei contributi aggiungendo utili particolari e nuove prospettive di lettura rafforzano le conclusioni già delineate nelle loro linee generali da altri studi a partire dal pioneristico lavoro di James Burgwyn.

Alberto Basciani