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Italia immaginata. Sentimenti, memorie e politica fra Otto e Novecento

Fulvio Conti
Pisa, Pacini, 235 pp., € 16.00

Anno di pubblicazione: 2017

Non è frequente che i saggi raccolti in volume si snodino con fluidità e coerenza. È
questo invece un pregio del libro in cui l’a. ha organizzato testi dell’ultimo decennio – due
inediti –, espressione dei suoi filoni di ricerca ma anche del suo lucido dialogo instaurato
con la lettura culturalista dell’800 italiano. A partire dal titolo, che echeggia Benedict Anderson,
e dal sottotitolo, che lega la dimensione emotiva e memoriale a quella del «politico
» cara a Conti, siamo infatti in presenza di un’efficace ricognizione nell’Italia di singoli
e di gruppi, di uomini e di donne, di miti recuperati e di nuovi martiri, di memorie a
caldo e di memorie persistenti che costituiscono la linfa del nation-building nel suo lungo
farsi, tra fine XVIII e inizio del XX secolo. Con questa sensibilità, dichiarata sin dalla
densa Introduzione, per le trasformazioni e le periodizzazioni della politica, e per le lotte
politiche (p. 11), l’attenzione alle fonti e ai loro contesti di produzione risulta costante in
tutti i capitoli: dalle dinamiche affettive di coppie più e meno famose del Risorgimento,
all’amicizia politica, alla costruzione dei miti letterari e scientifici e all’amarezza comunicata
dai luoghi del tradimento nella memoria garibaldina – Aspromonte e Mentana – si
dipana una storia di passioni e di tensioni che coniuga sfera privata e sfera pubblica,
confermandone l’estrema permeabilità nella vicenda nazionale e la coralità espressa anche
da esperienze minoritarie.
Dei sette capitoli, con bibliografia internazionale ricca e aggiornata al dibattito più
recente, forse quello dedicato al culto dei martiri della libertà più degli altri dimostra le
ancora esistenti possibilità di attingere al contenitore della mobilitazione patriottica in
fieri e della sua memoria sedimentata. Grazie alle operazioni editoriali ricostruite (tra le
quali spicca, vero modello, quella di Atto Vannucci), lo sguardo si spinge sino al fascismo
e alle dinamiche di «sovrapposizione» dei martiri fascisti a quelli risorgimentali che vede
non a caso come scenario uno dei luoghi di culto protagonisti del libro, Santa Croce.
L’attenzione per la pantheonizzazione dei grandi della letteratura e della scienza – molto
belle le pagine su Dante e Galileo – dimostra infatti l’inscindibilità di scienze esatte e di
arti nella genealogia dei saperi italiani che nutrono l’identità nazionale in un discorso
ininterrotto dalla Histoire des sciences mathématiques en Italie del fiorentino Guglielmo
Libri, pubblicata in esilio nel 1838 (p. 119), ai nomi scelti per le logge massoniche della
penisola (p. 145 ss.), tributo capillare a filiere di grandi uomini e di martiri oscuri, paladini
della laicità e della modernità. In mezzo, i Congressi degli scienziati, culti locali e
nazionali, rivalità di campanile, militanze al femminile, ci dicono di un’Italia prefigurata
e sostanziata anche attraverso il pianto e la rabbia, colti nel momento in cui divengono
emozioni politiche. Ciò che ne esce è la ricchezza di un ’800 che si commuove e sospira,
fiducioso nella scienza, capace di trasformare la comunità nazionale anche, o forse proprio,
grazie alle sue contraddizioni.

Arianna Arisi Rota