Cerca

Italia intelligente. Adriano Buzzati-Traverso e il Laboratorio internazionale di genetica e biofisica

Francesco Cassata
Roma, Donzelli, 456 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume si segnala innanzitutto per l’ampiezza della documentazione inedita esaminata
(raccolta in numerosi archivi pubblici e privati in sei diversi paesi) e per il tentativo
di coniugare tre approcci metodologici consolidati per dare vita a un complesso
racconto che non è, in senso stretto, né una biografia scientifica di Buzzati-Traverso e
neppure la mera storia del Laboratorio da lui creato. Credo, piuttosto, che il libro abbia
l’ambizione di narrare l’epitome dell’incontro mancato dell’Italia con la modernizzazione,
lasciando intendere l’eternità di alcuni mali del paese e – in filigrana – l’eternità del dibattito
su di essi. Se questo è lo scopo, l’esito è senz’altro positivo e degno di lode: anche con
il sostegno di un’estesa selezione della letteratura disponibile, l’a. applica coerentemente
e in modo convincente le categorie interpretative prescelte, di volta in volta mostrando
– in una ricostruzione minuziosa e ricchissima d’informazioni, sebbene a volte un po’
prona all’abuso dell’enumerazione e all’accumulo dei materiali – le connessioni e il valore
paradigmatico di questa vicenda rispetto ad alcune delle coordinate maggiori della storia
dell’Italia contemporanea.
La vicenda di Buzzati è dunque quella di uno scienziato di fama che, grazie a una
solida posizione nel mondo accademico e della ricerca, e all’accesso ampio e continuato
agli organi di stampa garantitogli dal ruolo di pubblicista, cercò di approfittare di un
momento fondativo della propria disciplina per utilizzare una vasta rete di rapporti internazionali
allo scopo di determinare «dall’esterno» una modernizzazione della ricerca
scientifica, secondo i modelli americani, che il «fossile denutrito» dell’università italiana
non sarebbe stato in grado di esprimere, a fronte di un sostanziale disinteresse della classe
dirigente. L’uso di un vincolo esterno per superare le opposizioni interne non è qualcosa
di così inusuale nella storia del paese, né tanto meno limitato alla politica della ricerca.
La tesi forte del volume, tuttavia, mi pare quella che individua le ragioni del fallimento
dell’iniziativa buzzatiana non tanto nelle cause occasionali, bensì in quelle strutturali:
la fine del Laboratorio non sarebbe stata provocata dall’azione distruttiva convergente
delle meschinità accademiche e degli astrattismi rivoluzionari del Sessantotto, ma dal
«riformismo perduto» del centro-sinistra. Individuando nel «caso Ippolito» l’avvio di un
processo di burocratizzazione degli enti per la ricerca, che fece venir meno l’originalità del
Laboratorio di Buzzati già prima della contestazione, Cassata conclude che il nocciolo del
problema risiedeva nella concreta mancanza di una politica governativa di coordinamento
e promozione.

Mauro Ellli