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Jacqueline Reich e Piero Garofalo (a cura di) – Re-Viewing Fascism: Italian Cinema, 1922-1939 – 2002

Jacqueline Reich e Piero Garofalo (a cura di)
Bloomington, Indiana University Press, pp. 368, $ 49.95 hbk, $ 22.95 pbk

Anno di pubblicazione: 2002

Questo volume sarà utile per chi vorrà farsi un’idea delle diverse metodologie usate dagli studiosi di lingua inglese (Ennio Di Nolfo è l’unico fra i dodici contributori che normalmente scrive in italiano) per studiare la cultura fascista e specificamente il cinema della dittatura. Le teoria del genere, dell’auteur e della spectatorship sono tutte usate a profitto qui dagli storici, critici letterari, cultural theorists, e specialisti dell’analisi cinematografica. Diviso in tre parti ? Framing Fascism and Cinema; Fascism, Cinema, and Sexuality; Fascism and Cinema in (Con)texts ? il libro affronta argomenti che vanno dalla rappresentazione del sesso eterosessuale, omosessuale e interrazziale nei film del regime (David Forgacs, William Van Watson, e Robin Pickering-Iazzi), alla transizione al cinema sonoro (Giorgio Bertellini), all’interesse italiano nel modello sovietico del cinema (Piero Garofalo), al cinema come tecnologia di una modernità intesa a italianizzare le masse (James Hay). Alcuni dei saggi hanno il merito per il lettore italiano di presentare in forma concisa delle ricerche pubblicate prima in forma di libro monografico (è il caso di Marla Stone sulla Biennale, e di Marcia Landy su ?stile? e ?theatricality? del cinema italiano). Inoltre, la maggioranza delle ricerche qui raccolte hanno un impostazione teorica derivata da cultural studies, sexuality studies, o critical theory, che è poco comune trovare negli studi italiani sul cinema.
Il titolo, Re-Viewing Fascism, e il saggio introduttivo di Jacqueline Reich, propongono l’importanza del cinema per studiare il funzionamento della cultura fascista e per capire le pratiche sociali degli italiani in quel periodo. Al di là dell’utilità dei singoli saggi, nel complesso il volume riesce ad illuminare i conflitti creati dagli effetti emancipatori della modernizzazione (le ?libere scelte? del consumerismo, i cambiamenti nei rapporti sociali e sessuali, l’internazionalizzazione) e i tentativi dei fascisti di temprare questa emancipazione, creando una loro propria visione di una cultura e di una società di massa. I saggi illustrano la presenza e il significato di quella tensione nella cultura e nell’industria cinematografia dell’epoca, e nei singoli film, per esempio in Grandi Magazzini di Camerini (analizzato qui da Barbara Spackman). Nell’insieme i lavori di questa raccolta suggeriscono che, nonostante gli sforzi del regime, il cinema non diventò mai lo strumento privilegiato di trasformazione collettiva sognato da Mussolini e dai suoi seguaci. Il volume dà, infine, un senso del lavoro che rimane da fare in questo ricco campo, sia in Italia sia altrove, sulla questione della ricezione, sul ruolo della fantasia, sulla tecnica, estetica, ed ideologia del sonoro, e sulle continuità e rotture fra cinema muto, cinema ?del regime,? e cinema del dopoguerra.

Ruth Ben-Ghiat