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James Procter – Stuart Hall e gli studi culturali – 2007

James Procter
Milano, Cortina, XIX-177 pp., Euro 19,80 (ed. or. London-New York, 2004)

Anno di pubblicazione: 2007

Non è facile scrivere una monografia su Stuart Hall senza tradirne il pensiero. Hall, infatti, ha sempre pensato la propria attività intellettuale in modo a-sistematico, come intervento nelle situazioni congiunturali del proprio tempo, come interrogazione sui modi della (de)costruzione della cultura popolare all’interno dei quadri egemonici definiti dai rapporti di potere che mutano in ogni momento storico. Procter riesce a restituire i passaggi dell’esperienza intellettuale di Hall rispettandone l’ispirazione più profonda, vale a dire presentando alcune «idee chiave», attorno alle quali si è sviluppata la sua riflessione, mettendo in luce il confronto con alcuni grandi autori che lo hanno influenzato, Bachtin, Gramsci, Foucault, Althusser, Lacan, ma al tempo stesso andando oltre Hall per mostrare la fertilità dei suoi strumenti analitici per lo studio di nuovi eventi e fenomeni.Le idee chiave si succedono lungo una linea approssimativamente cronologica, pur con ampie sovrapposizioni, collocando un’esperienza intellettuale singolare nei punti critici di un dibattito collettivo che ha animato la sinistra «culturalista» britannica del dopoguerra; dall’arrivo di Hall in Inghilterra come giovane studente giamaicano borsista ad Oxford, fino alla costruzione di un ambito globale del dibattito intellettuale reso possibile dalla svolta postcoloniale nelle scienze sociali di fine secolo della quale Hall è stato, di nuovo con tratti assolutamente peculiari, uno dei protagonisti. L’emergere del tema del razzismo e dell’autoritarismo nella crisi britannica degli anni ’70 è stato uno dei punti alti della riflessione di Hall e gli ha consentito di individuare precocemente la novità culturale del thatcherismo, quel fenomeno di «modernizzazione regressiva» che mutava profondamente i linguaggi della politica e avrebbe costretto la stessa sinistra a modificare i propri simboli, valori e modi della comunicazione. Una ricerca che negli anni ’80 ha spinto Hall a chiedere una politica per i «tempi nuovi» e ad avviare un controverso rapporto critico con il New Labour di Tony Blair. È a partire da questa analisi dei processi culturali degli anni ’70 e ’80 che sono maturate le raffinate ricerche di Hall negli anni ’90 che lo hanno visto occupare una posizione centrale nel dibattito postmoderno sulle identità non solo in ambito accademico, ma con influenza diretta su alcuni filoni della produzione artistica britannica di fine secolo.Si tratta di un bilancio sintetico di una complessa trama di rapporti, influenze, ed elaborazioni intellettuali che colloca Hall al crocevia tra i due paradigmi dei cultural studies, quello di ascendenza althusseriana che enfatizzava il primato delle strutture sulla capacità di autonoma espressione dei soggetti sociali e quello invece «umanista e culturalista» che ha avuto in Thompson e Williams i propri maestri e che attribuiva al soggetto la piena capacità di dominio delle proprie espressioni culturali. Hall ha sempre cercato di occupare il campo di tensione che si crea tra questi due paradigmi e l’incontro con il pensiero di Gramsci negli anni ’70 gli ha fornito un riferimento fondamentale per elaborare produttivamente questa tensione.

Paolo Capuzzo