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Japan, Italy and the Road to the Tripartite Alliance

Ken Ishida
London-New York, Palgrave, 232 pp., € 58,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume di Ishida vuole differenziarsi da precedenti studi sulla materia, che hanno generalmente trattato i casi di Italia, Giappone e Germania singolarmente e, spesso, in maniera non analitica. Secondo Ishida, per capire le strategie che hanno portato alla creazione dell’Asse, dando una corretta valutazione della sostanza di questa alleanza, è necessario focalizzarsi sulla struttura del processo decisionale in Italia e Giappone, in particolare all’interno dei Ministeri degli Esteri dei due paesi.
Questo approccio sicuramente innovativo rispetto alla letteratura già esistente sull’argomento ha anche il pregio di entrare nel merito di singoli personaggi chiave all’interno del processo decisionale che, per Ishida, non fu semplicemente determinato dall’alto, ma fu piuttosto il risultato di una complessa dialettica interna all’apparato. Più che agire come elementi di moderazione rispetto a leader autoritari carismatici quali Mussolini, Hitler e Konoe, le due diplomazie furono parte attiva e propositiva nel determinare e per- seguire l’aggressiva politica espansionista di Italia e Giappone. Per l’a. questo era connaturato alla struttura stessa delle rispettive diplomazie, apparentemente impegnate a tradurre in una forma accettabile gli eccessi verbali delle leadership, ma che, nella sostanza, più che fungere da argine alle derive avventuriste, le assecondarono. Ad esempio, Grandi come Yoshida, pur ritenuti «filo-britannici» fecero ben poco, dal punto di vista concreto, per dare un diverso indirizzo alle politiche estere dei rispettivi paesi.
Nonostante le differenze culturali, per Ishida le diplomazie d’Italia e Giappone operarono secondo logiche e tramite processi che avevano numerosi punti di contatto, anche a livello ideologico. Esse presentavano debolezze strutturali simili, derivanti dall’eccessiva parcellizzazione dei centri di potere in Giappone e dal prevalere dei personalismi tra le gerarchie fasciste in Italia. Al contempo, per differenziare i due regimi, l’a. utilizza la categoria «ultra-nazionalismo» per il Giappone, in contrapposizione a quella, ovvia, di fascismo per l’Italia. Questa scelta avrebbe forse meritato un maggiore approfondimento, dato l’enorme dibattito storiografico sul tema, che nel caso della scuola nordamericana del dopoguerra è stata motivata anche da valutazioni di opportunità politica più che da preoccupazioni accademiche. Detto questo, il volume di Ishida appare solido e la sua analisi convincente. Un lavoro che fornisce un contributo essenziale alla comprensione delle dinamiche sostanziali di un’alleanza, come quella fra le potenze dell’asse, che è stata troppo semplicisticamente definita «vuota» e dettata solo da ragioni di opportunismo.

Marco Del Bene