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Jeremy Black – Le guerre nel mondo contemporaneo – 2006

Jeremy Black
Presentazione di Nicola Labanca, Bologna, il Mulino, 240 pp., euro 16,50 (ed. or

Anno di pubblicazione: 2006

Jeremy Black, professore di Storia all’Università di Exeter, con questo suo libro intende affrontare la storia dei conflitti bellici successivi al 1945 nel tentativo di distinguere i diversi tipi di guerra in relazione alle tecniche usate, alle strategie, al modello di conflitto. Black mantiene due registri. Da una parte scrive da storico militare classico. Troviamo così la descrizione di alcune battaglie significative nella storia del secondo dopoguerra (per esempio l’offensiva del Tet nel febbraio 1968 che per molti aspetti segnò la parabola della guerra in Vietnam) oppure l’operazione «Chromite» del settembre 1950 che permise alle truppe americane di riprendere Seul e dunque di stabilizzare un conflitto altrimenti seriamente compromesso. Questi scenari, tuttavia, rappresentano solo sporadicamente l’interesse di Black.Il vero interesse di Black consiste in un secondo registro: individuare le tipologie di conflitto locale distinguendo quella che è la fisionomia minacciata del conflitto globale nell’epoca della guerra fredda (un’epoca in cui il nucleare agiva da deterrente); comprendere come proprio in conseguenza di questa condizione si disegnassero anche strategie e tattiche militari specifiche.Per quanto concerne il primo aspetto la preoccupazione principale di Black è quella di dissolvere la categoria di guerra imperialista o di guerra antimperialista a proposito delle guerre in epoca di guerra fredda e di valutare questi diversi conflitti a seconda dei soggetti che vedevano schierati di volta in volta. Talora è il caso delle guerre di risposta ai margini delle proprie aree di controllo da parte delle due superpotenze (la guerra in Afghanistan, per esempio). Talaltra è il problema del controllo di un’area o della riaffermazione di una politica di potenza (è il caso della guerra per le Falklands tra Argentina e Regno Unito nel 1982). È il caso delle varie guerre di controllo di una macroarea come le guerriglie in America Latina e la controguerriglia sotto controllo statunitense, oppure lo scenario complessivo mediorientale in tutte le sue guerre: quella «lunga» tra israeliani e palestinesi, ma anche quelle tra Iran e Iraq o quelle per la questione del Kuwait. Per quanto concerne il secondo problema la questione è quella della «guerra ai civili», ovvero la caratteristica di guerra tribale, un aspetto che riguarda la dimensione locale dei conflitti. Una dinamica che abbiamo visto in atto nella ex Jugoslavia e ancor più in Kosovo, e che sembra essere la regola in Africa. Ma anche un modello di guerra che tende a sovrapporsi alla guerriglia, dove non conta più il confronto diretto tra eserciti nemici, ma l’«intelligence» o la minaccia sulle società civili. Un tipo complessivo di guerra sempre più incontrollata e complicata quanto più non si ristabilisce un ordine che oggi appare particolarmente precario in nome di un interesse comune che non c’è.

David Bidussa