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John Dickie – Una catastrofe patriottica. 1908: il terremoto di Messina – 2008

John Dickie
Roma-Bari, Laterza, VI-240 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2008

John Dickie affronta le vicende relative al tragico sisma calabro-messinese del 1908 analizzando l’impatto che hanno sulla costruzione, in fieri, del sentimento nazionale. Il devastante terremoto, invero, innesca un movimento di compassione e solidarietà patriottica ampio e senza precedenti, che ridefinisce i rapporti tra Stato e società e si traduce in un ampliamento della partecipazione alla vita pubblica. La calamità naturale diviene una catastrofe patriottica; cioè catalizza e moltiplica emozioni, discorsi pubblici, processi sociali e culturali tramutandoli in materiali con cui si costruisce l’edificio nazionale. Per lo storico britannico, però, l’idea di nazione è un «concetto essenzialmente conteso» (p. 20); è, cioè, una nozione che può essere definita in modo diverso da soggetti differenti. Non ha un significato univoco ed universalmente accettato. Muovendo da questo assunto l’area dello Stretto è solo il punto di partenza di un tragitto che svela le tensioni e la disomogeneità sociale dell’intera Italia giolittiana. A Dickie interessa esaminare gli «shock simbolici che si irradiano dall’area del disastro fino ad abbracciare la sfera pubblica in generale» (p. 25) e comprendere il profondo legame emotivo tra opinione pubblica e vittime. In quest’ottica il terremoto del 1908 può essere letto come «un prodigioso generatore di metafore di tracollo sociale» (p. 27).La rappresentazione del terremoto, attraverso le corrispondenze giornalistiche e le narrazioni letterarie, riflette angosce ancestrali come la paura della morte, l’ossessione per la pulizia, la vergogna e il senso del sacro: Luigi Barzini, famoso inviato del «Corriere della Sera», racconta il fetore che si leva dai cadaveri in decomposizione in una Messina fatiscente, emblema di un tracollo igienico, sanitario e anche socioculturale che si tenta di contrastare con l’abnegazione individuale. In Gaetano Salvemini, che nel disastro del 1908 perde la moglie, i figli e la sorella, il problema degli orfani si salda con la questione meridionale laddove l’intellettuale pugliese sostiene che «i bambini rimasti soli al mondo [?] non devono essere scardinati dalla terra che li vide nascere: non devono diventare settentrionali; devono rimanere figli della loro patria infelice e vivere per essa» (p. 161). La questione dei soccorsi e degli orfani, inoltre, diviene il crinale dell’annosa disputa tra cattolici e laici: Giuseppe Toniolo, ad esempio, scrive dalle colonne del «Corriere d’Italia» di una «caccia alla anime dei fanciulli in servizio della futura Italia laica» (p. 163), mentre su «La Vita» Luigi Lodi attacca il deputato cattolico Giuseppe Micheli, impegnato nei soccorsi, accusandolo di «speculazione politica esercitata sulla catastrofe nel nome della fede» (p. 164).Nei giorni che seguono la catastrofe del 1908 nel discorso pubblico concorrono diverse idee e immagini della nazione, pertanto la diffusione del patriottismo non diviene sinonimo di coesione sociale. Per Dickie cordoglio e solidarietà assumono proporzioni quanto mai ampie ma non determinano la reductio ad unum di una identità che rimane plurale, ossia il terreno di una perenne contesa.

Salvatore Bottari