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Konstantin Pleshakov – Il silenzio di Stalin. I primi tragici dieci giorni dell’Operazione Barbarossa – 2007

Konstantin Pleshakov
Milano, Corbaccio, 368 pp., Euro 24,00 (ed. or. Boston, 2005)

Anno di pubblicazione: 2007

L’inaspettata débâcle dell’Armata rossa nei primi giorni dell’attacco nazista e la conseguente crisi dei vertici sovietici e dello stesso Stalin, che per alcune ore abbandonò il comando e si rifugiò nella sua da?a fuori Mosca, sono fra i più intriganti e contestati temi della storia recente. Forse proprio per questo, Kostantin Pleshakov, storico russo espatriato in America, ha deciso di dedicarvi questa opera divulgativa, pubblicata nel 2005 e ora tradotta in italiano.A partire dal 1996, Pleshakov ha aggiunto all’attività di ricerca quella di scrittore di romanzi, raggiungendo anche un discreto successo, e le sue abilità narrative sono dispiegate a tutto raggio in questo libro che ricostruisce, con una ricchezza di particolari soverchiante, le vicende dei primi quindici giorni della guerra contro l’URSS. I «personaggi» sono tutti introdotti da un ritratto biografico-caratteriale, mentre il racconto procede per episodi, spesso intercalati da avvenimenti curiosi o macabri, che strizzano l’occhio al grande pubblico. Ne risulta una storia di battaglie avvincente, basata principalmente sulla memorialistica sovietica.Se indubbia è la riuscita editoriale, da un punto di vista scientifico l’operazione si presta a più di una critica. È dubbio infatti che la giusta strada per la divulgazione sia rappresentata da questa versione romanzata, che riduce la storia alla sua dimensione più événementielle. I temi più scottanti e dibattuti degli ultimi anni, come la reazione della popolazione sovietica e le ragioni effettive della tenuta del regime staliniano, il destino dei prigionieri di guerra, l’ideologizzazione del conflitto e il barbarization of warfare, sono solo accennati oppure mancano del tutto.Inoltre, come ammette lo stesso a. nella nota finale sulle fonti, la ricostruzione precisa degli avvenimenti della guerra è resa assai difficoltosa da fonti incongruenti e spesso in contraddizione tra loro, tanto che persino stabilire il giorno in cui il generale Pavlov è stato destituito dal suo incarico di comandante è quasi impossibile. Non convince allora la decisione di presentare al lettore inesperto un racconto infarcito dei pensieri reconditi e segreti dei suoi protagonisti e di dialoghi diretti, la cui provenienza non è chiarita nelle scarse note.Infine, se è vero che Pleshakov domina con un’impressionante abilità una grande quantità di informazioni, talvolta si ha l’impressione che le esigenze di una narrazione avvincente abbiano preso il sopravvento su quella di problematizzare: temi come quello del ricorso alle prostitute locali da parte dei soldati tedeschi o della mancata attuazione del Kommissarbefehl, l’ordine di uccidere tutti i commissari politici sovietici, avrebbero potuto più fruttuosamente essere usati per discutere del complesso rapporto tra gli occupanti nazisti, i loro comandanti e gli occupati sovietici, invece che come semplici pezzi di colore.È quindi insopprimibile una certa delusione per il fatto che uno storico abile come Pleshakov abbia rinunciato ad affrontare i temi certo più difficili, ma anche più interessanti, della guerra sul fronte orientale.

Simone A. Bellezza