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l cammino e le orme. Industria e politica alle origini dell’Italia contemporanea

Patrizio Bianchi
Bologna, il Mulino, 215 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il libro è un’agile ricostruzione del percorso che portò all’Unità e dei decenni immediatamente successivi. L’intenzione dichiarata dell’a. è quella di andare alle origini dei nodi storici insoluti del paese, considerati come aspetti di lungo periodo il cui peso determina ancora oggi tanto la governance che gli aspetti peculiari della crisi italiana. Il sottotitolo e la stessa copertina, su cui campeggia una fabbrica, appaiono tuttavia leggermente fuorvianti al lettore, che si aspetterebbe a prima vista un lavoro incentrato su una rigorosa storia economica e politica dell’industria, mentre invece quella che ha di fronte è una ricerca, ben curata, che indaga la storia politica e istituzionale della seconda metà dell’800, pur non tralasciando il peso dello sviluppo manifatturiero e dell’affermazione di una borghesia industriale nel determinare le scelte di governo.
Il punto di partenza è dato dal «contesto rilevante» iniziale (p. 9) che interagisce con i modi specifici, e imprevedibili, in cui si realizza l’unificazione, in quella che l’a. definisce come una «traversa istituzionale» centrale per analizzare il «cambiamento di regime politico» (p. 10). Un frangente che viene individuato fra il 1859 e il 1861, quando il processo di unificazione subisce un’accelerazione per molti aspetti non predeterminata.
Una particolare attenzione viene assegnata alla biografia di Cavour, alla sua idea di un liberalismo politico connesso con un liberismo economico come base per lo sviluppo, nella continua ricerca di un «giusto mezzo» per accompagnare la crescita italiana. Un percorso che subì un’evoluzione inattesa allorquando nel 1859 il governo La Marmora, dotato di poteri eccezionali, superò il suo mandato promulgando, sotto la regia di Rattazzi, tre decreti sull’organizzazione dello Stato, sulla scuola e sul sistema elettorale, che sarebbero restati a far da cornice per tutti gli sviluppi successivi.
Parte da qui quella che appare come la seconda parte del libro. L’a. dichiara già nel titolo del terzo capitolo di essere alla ricerca delle «radici della malattia italiana», individuate nella dialettica tra federalismo e centralismo, con la seconda opzione vincente ma talmente debole e fragile da innescare continue spinte autoritarie, di cui il fascismo sarà uno degli esiti. Le vicende politiche dei decenni successivi all’Unità vengono poi passate in rassegna per grandi temi, senza tralasciare il dibattito storiografico, discutendo laicamente sul governo del debito pubblico e dell’alternarsi di scelte liberiste o protezioniste, sulle quali «i governi della sinistra si differenziarono in modo sostanziale rispetto a quelli della destra» (p. 163). L’intero volume è inoltre costellato da una continua attenzione al contesto europeo dell’epoca e al peso dei vari modelli: inglese, francese e prussiano.
La chiusura infine è tutta al presente, con riflessioni sui temi della governabilità interna e sulle questioni date dal nuovo «contesto rilevante» dell’Unione Europea e della moneta unica, sempre in relazione ai nodi economici e sociali su cui si riflettono il protezionismo e il liberoscambismo dei nostri giorni.

Stefano Bartolini