La caserma e la moschea. Militari e islamisti al potere in Sudan

Giorgio Musso
Roma, Carocci, 215 pp., € 23,00
Anno recensoine: 2016

Il Sudan è il solo paese del mondo arabo in cui un movimento islamista sia riuscito a conquistare il potere mantenendolo per un periodo di tempo prolungato, quasi trent’anni. A partire dal 1989, infatti, allorché le forze armate sudanesi effettuarono un colpo di Stato, il Nif (National Islamic Front, traduzione in inglese di al-Jabhah al-islamiyyah al-qawmiyyah), che quell’azione aveva preparato e guidato, è rimasto saldamente al potere. L’a. ricostruisce approfonditamente questa esperienza, sottolineando l’eccezionalità dell’alleanza tra la caserma, vale a dire i militari, e la moschea, il partito islamista.
Musso allarga giustamente lo sguardo a prima del 1989, ricostruendo la nascita negli anni ’60 del primo partito islamista. L’obiettivo del suo fondatore, Hasan al-Turabi (1932-2016), era prendere parte in modo democratico alla vita politica del Sudan, distaccandosi così dalla Fratellanza musulmana egiziana che proprio in quegli anni viveva la radicalizzazione di una parte dei suoi esponenti, su tutti Sayyid Qutb. Fu negli anni ’80 che il Nif, il nuovo partito islamista creato dallo stesso Turabi, riuscì a mobilitare «non più solamente gli studenti e i ceti medi, ma anche le masse povere», realizzando così quella «saldatura tra la borghesia religiosa e il sottoproletariato urbano» (p. 76) che, secondo Gilles Kepel, costituisce la cifra dei movimenti islamisti. Fu tuttavia solo attraverso il colpo di Stato del 1989 che il Nif fu in grado di conquistare il potere. Turabi scelse di rimanere in secondo piano rispetto alla giunta militare a capo della quale vi era ’Omar Hasan el-Bashir, evitando così l’intervento dei governi egiziano e americano, del tutto contrari all’ipotesi di un regime a guida islamista.
L’a. si concentra poi sulle intricate vicende successive al colpo di Stato: dalla fase «rivoluzionaria», caratterizzata da un progetto islamico di modernità per il Sudan e da un populismo transnazionale che sognava di trasformare il paese in un centro propulsivo dell’internazionalismo islamista, all’isolamento internazionale dopo l’attentato al presidente egiziano Hosni Mubarak nel 1995, alla fase di «normalizzazione» che portò alla rottura tra Turabi e Bashir, all’esautorazione del primo e alla vittoria del secondo. Il Nif, dunque, sebbene nato con l’obiettivo di costruire un’alternativa ai regimi creati dal nazionalismo arabo di stampo nasseriano, finì per riprodurne un modello del tutto simile, a partire dall’alleanza con i militari che, anche in questo caso, riuscirono a prendere il potere scalzando i civili.
L’a. ci consegna un ottimo libro, rigoroso e al contempo chiaro, in cui la storia nazionale viene sapientemente inserita nelle dinamiche regionali, tanto del Nord Africa-Medio Oriente, quanto dell’Africa sub-sahariana, e globali. Il tutto facendo ricorso alla più significativa storiografia presente sul tema e a un’ampia serie di interviste effettuate dall’a. Tale volume aiuta a comprendere non solo la storia del Sudan, ma anche temi più ampi, su tutti la parabola dell’islamismo, a partire dal solo contesto in cui questo è stato – ed è – concretamente messo alla prova del potere.

Arturo Marzano