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La Chiesa cattolica e il comunismo in Europa Centro-orientale e in Unione Sovietica

Jan Mikrut (a cura di)
San Pietro in Cariano, Gabrielli Editori, 797 pp., € 39,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume collettaneo, curato da Jan Mikrut – docente presso la Pontificia Università
Gregoriana – affronta la complessa questione della situazione religiosa dei cattolici in
Unione Sovietica e nei paesi dell’Est europeo governati, a partire dal secondo dopoguerra,
da regimi fondati sull’ideologia marxista-leninista. Il testo rappresenta il primo esito di
un progetto convegnistico ed editoriale che ha, sinora, generato anche altri due lavori (sui
«testimoni della fede» e sull’Urss, pubblicati nel corso del 2017) e che prevede, in futuro,
anche l’edizione di testi specifici sulla Polonia e sul nazionalsocialismo.
L’ideatore dell’iniziativa ha affidato la trattazione dei diversi argomenti che compongono
il libro ad autori provenienti, per la quasi totalità, dalle aree geografiche interessate.
Non solo. In taluni casi si è optato per un’analisi rispondente a una prospettiva «regionale
», come nel caso della Cecoslovacchia (Repubblica Ceca e Slovacchia), della Jugoslavia
(Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Slovenia) e dell’Unione Sovietica (Estonia, Lettonia, Lituania,
Bielorussia, Moldavia, Ucraina, Repubbliche asiatiche, Repubbliche del Caucaso
e Kazakistan), mantenendo, invece, in forma unitaria i casi riguardanti l’Albania, la Bulgaria,
la Repubblica democratica di Germania, la Polonia e l’Ungheria. Tra questi saggi
trova spazio anche l’illustrazione delle vicende riguardanti i greco-cattolici in Slovacchia,
Romania (in questo caso accanto a quella dei romano-cattolici) e in Ucraina.
I diversi contributi offrono al lettore una panoramica degli aspetti salienti del confronto
tra potere politico di stampo comunista e gerarchie e fedeli cattolici al di là della
«cortina di ferro». Una sorta di Kulturkampf trasposto al ’900, com’è illustrato nei diversi
saggi, ma ben più drammatico, dove accanto all’emanazione di normative «anticattoliche»
o «antireligiose», si verificarono nei casi più estremi arresti e uccisioni di ecclesiastici.
Da qui l’importanza di conoscere le strategie di contenimento attuate rispetto a queste
politiche statali, soprattutto da parte degli episcopati, e il sostegno ricevuto in tal senso
dalla Santa Sede. In vari contributi compare, infatti, il richiamo alla «Ostpolitik vaticana»
– riferita ad alcuni dei paesi qui analizzati (Cecoslovacchia, Ddr, Jugoslavia, Polonia e
Ungheria) –, di cui, com’è noto, fu protagonista mons. Agostino Casaroli.
Quest’opera, quindi, che permette al lettore di accedere con facilità ad alcuni ambiti
del grande tema della storia della Chiesa nei regimi comunisti, offre lo spunto per un
opportuno confronto degli argomenti trattati con le risultanze di studi già consolidati in
materia e con quelli comparsi recentemente, in riferimento alle vicende dei singoli paesi
del quadrante orientale del vecchio continente durante la guerra fredda, nonché con le
ricerche sinora intraprese – da parte di diversi gruppi di studiosi e istituzioni – sull’attività
negoziale condotta, appunto, da Casaroli con i protagonisti della politica ecclesiastica
degli Stati dell’Europa centro e sud-orientale.

Massimiliano Valente