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La Chiesa tra restaurazione e modernità (1815- 2015)

Giorgio Fabre, Karen Venturini (a cura di)
Bologna, il Mulino, 250 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2017

«La Chiesa cattolica nel corso dei duecento anni successivi al Congresso di Vienna.
È il tema di questo libro, scaturito da un’idea di Francesco Margiotta Broglio, che ha dato
origine a sua volta un convegno, svoltosi a San Marino» (p. 3): così l’incipit del volume.
Dar conto di due secoli di simile storia in poco più di 200 pagine, con nove brevi saggi su
argomenti molto diversi, potrebbe prestarsi a facile critica. Nulla di sistematico, certo, ma
forse Margiotta Broglio intendeva solo rimescolare qualche carta e suscitare dibattito.
Così Paolo Naso deve cimentarsi nell’accomunare valdesi ed ebrei; Carla Meneguzzi
Rostagni riassume due secoli di diplomazia pontificia mediante audaci sintesi; lo stesso
Margiotta Broglio si spande in sarcasmi sul revisionismo storico antirisorgimentale dei
cattolici; Giorgio Fabre s’addentra come un detective nella documentazione che smonta
la veridicità della frase di Stalin sulle divisioni del papa. Altri saggi, invero, hanno valenza
meno provocatoria ed esprimono semplicemente interessi di lungo periodo dei loro autori
(così Maurilio Guasco sul modernismo e Daniele Menozzi sull’antimodernità della
Chiesa, qui con focus sull’età di Pio XI).
Discorso diverso, ancora, sembra valere per l’erudito saggio di Fulvio Conti su massoneria
e cattolicesimo che lascia giustamente aperto l’interrogativo di fondo sul tema;
per il saggio di Andrea Riccardi che riesce a trattare con prospettiva storica convincente
il pontificato di papa Francesco, pur in assenza di distacco cronologico, aiutandosi con
il confronto con i due papati che lo precedono, questi sì in varia misura già storicizzati
negli studi; e infine per il saggio di Giovanni Vian, che riesce lucidamente a focalizzare
l’aggiornamento della Chiesa cattolica voluto da Giovanni XXIII con il concilio Vaticano
II, con pacatezza di penna e di metodo dopo decenni in cui l’approccio storico a questo
concilio era subordinato a forti passioni teologiche e militanti.
Nell’insieme, il libro è un mélange di conoscenze da tempo acquisite (l’unico che
cita fonti d’archivio, peraltro parcamente, è Fabre) e di interpretazioni acute e originali, di
prevedibili pagine accademiche e di sguardi non convenzionali, di precomprensioni ideologiche
e di onesta oggettività storiografica. Come spesso accade, con positiva ibridazione,
in molte opere collettanee che si offrono al senso critico dei lettori. Nel suo insieme, il
libro non costituisce un avanzamento significativo per la storia della Chiesa nell’ampio
periodo considerato ma va tenuto presente per alcuni risultati e spunti specifici, analogamente
a come certi ben pensati numeri monografici di riviste meritano d’essere schedati
e recuperati al momento necessario

Roberto Morozzo della Rocca