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La contestazione cattolica. Movimenti, cultura e politica dal Vaticano II al ’68

Alessandro Santagata
Roma, Viella, 284 pp., € 23,80

Anno di pubblicazione: 2016

Nel libro di Alessandro Santagata è ricostruita la galassia del progressismo cattolico in Italia nella seconda metà degli anni ’60, considerando «l’elemento della ricezione politica come punto centrale dello scontro tra due letture diverse del Concilio» Vaticano II (p. 8). La scelta di evidenziare la dimensione politica della contestazione postconciliare permette all’a. di seguire in modo analitico i passaggi attraverso cui l’«area cattolica», partendo da una situazione di ampia convergenza di consensi intorno alla Democrazia cristiana, si scompose in numerosi rivoli che misero in discussione non soltanto le stringenti direttive episcopali intorno all’unità politica dei cattolici, ma, più estesamente, l’interpretazione «moderata» dell’aggiornamento del Vaticano II sostenuta da Paolo VI.
Le diverse manifestazioni di «disobbedienza cattolica» (dove si fondevano richieste che erano al tempo stesso politiche e teologiche, sociali e spirituali) provocarono la crescente preoccupazione anche di quegli esponenti dell’episcopato che più si erano mostrati sensibili alle esigenze di trasformazione del cattolicesimo. Secondo l’a., nello «scontro tra il cambiamento nella continuità proposto dalla Dc, con il sostegno della Cei, e la presa di consapevolezza di una rottura operata dal Concilio si trovano […] le origini politico-religiose del contribuito dato dai cattolici all’esplosione del Sessantotto» (p. 139). Ad alimentare la diffusione e l’estremizzazione della protesta cattolica contribuirono – oltre che le manifestazioni studentesche e operaie del biennio 1968-1969 – la circolazione anche nella Chiesa di posizioni pacifiste e terzomondiste, segnale della crisi dei tradizionali canali di mediazione politica e culturale dei cattolici e momento di ridefinizione delle identità e delle appartenenze.
Negli anni successivi al Sessantotto, l’utopia messianica della contestazione portò i gruppi del dissenso cattolico a concentrare il proprio impegno nelle battaglie politiche per la libertà e per la giustizia a favore dei «poveri», di volta in volta identificati con gli emarginati, i proletari e i popoli oppressi dall’imperialismo, per costruire dal basso un’«altra Chiesa». Lungo questa traiettoria, né i dissenzienti, né la gerarchia potevano – e volevano – trovare margini di dialogo e, tanto meno, di mediazione. In ogni caso, come ricorda l’a., tra gli esiti di questo scontro vi fu la spinta ai margini (e spesso fuori) dell’istituzione ecclesiastica di settori consistenti delle nuove generazioni di cattolici, delusi dall’incapacità della Chiesa di rispondere alle richieste di cambiamento rivoluzionario della società, ma spesso anche dall’inadeguatezza politica dei gruppi del dissenso in cui avevano militato.

Marta Margotti