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La DC e la politica italiana nei giorni del golpe cileno

Luigi Giorgi
Marzabotto, Zikkaron, 181 pp., € 17,50

Anno di pubblicazione: 2018

Nella Prefazione Agostino Giovagnoli segnala che, in merito alle ripercussioni del colpo di Stato cileno dell’11 settembre 1973 sulla politica italiana, «si è sempre pensato che ci fosse poco da aggiungere» (p. VIII). Questo perché se c’è un avvenimento della storia latinoamericana che, giustamente per le ricadute sul dibattito politico nostrano, è stato scandagliato in profondità, questo è stato proprio il golpe di quell’anno.
Più in generale sono le «vicende cilene», dalla vittoria elettorale nel 1970 del socia- lista Allende alla presa del potere da parte dei militari golpisti e, poco dopo, alla dittatura personale di Pinochet, a essere state al centro dell’attenzione della pubblicistica e della stampa italiana. Come hanno segnalato Maria Rosaria Stabili e Luigi Guarnieri in Il mito politico dell’America Latina negli anni Sessanta e Settanta, esse hanno occupato «un posto di assoluto rilievo nel dibattito italiano» (p. 235) di quegli anni. Quotidiani, riviste di area dei principali partiti, articoli scientifici, libri, seguirono in maniera ossessiva dapprima la novità rappresentata da Unidad Popular e poi la drammatica rottura istituzionale. In sin- tesi, su questa fase della storia cilena molto si è scritto in passato, in particolare nel primo decennio postgolpe. Ma dopo questo profluvio di considerazioni, spesso redatte sull’onda dell’emozione, è calato per almeno un venticinquennio il silenzio, interrotto poi dai lavori di Andrea Mulas (Allende e Berlinguer. Il Cile dell’Unidad Popular e il compromesso storico italiano, 2005), di Alessandro Santoni (Il PCI e i giorni del Cile, 2008), del sottoscritto (in particolare sui rapporti tra la Dc italiana e quella cilena), di Alessandro Guida (La lezione del Cile. Da Unidad popular al golpe del 1973 nella stampa italiana di sinistra, 2015).
In una congiuntura molto feconda, in cui altri autori si stanno occupando dei le- gami tra l’Italia e l’America Latina nella seconda metà del XX secolo (si vedano i recenti lavori di Massimo De Giuseppe e di Onofrio Pappagallo), esce il libro di Luigi Giorgi. Il suo lavoro sceglie di soffermarsi su un arco temporale estremamente circoscritto (settem- bre 1973), ma contraddistinto da una immediata reazione dell’opinione pubblica italiana, da una enorme copertura mediatica e da un teso dibattito alla Camera dei Deputati. Un dibattito irto d’insidie soprattutto per la Dc, accusata di essere indirettamente responsa- bile della caduta di Allende a causa dei suoi rapporti con il partito omologo cileno. Uno dei meriti del libro di Giorgi, oltre a descrivere minuziosamente quei giorni – attraverso la stampa coeva, i lavori parlamentari e la letteratura – è proprio quello di restituirci l’inquietudine vissuta dai democristiani e le manovre messe in atto per non lasciarsi tra- volgere dall’onda lunga dei drammatici «fatti cileni». Obiettivo solo in parte raggiunto e che costrinse il partito di Piazza del Gesù a una profonda revisione della sua politica di sostegno ai democristiani di tutta la regione latinoamericana, grazie alla quale avrebbe potuto guidare l’impegno italiano per il rispristino della democrazia in Cile alla fine degli anni ’80 del ’900.

Raffaele Nocera