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La delegittimazione politica nell’età contemporanea, vol. 5, La costruzione del nemico in Europa fra Otto e Novecento

Paolo Macry, Luigi Masella (a cura di)
Roma, Viella, 256 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2018

Questo volume è l’ultimo risultato di una ricerca collettiva che ha affrontato il tema
della legittimazione politica con approcci diversi, dalla definizione teorica all’analisi delle
strategie concrete e delle pratiche discorsive, testando l’efficacia di tale categoria interpretativa
in contesti storici e politici diversi, compresi tra l’800 e il ’900. Nella prima sezione,
l’indagine si appunta sull’Italia liberale tra unificazione e fascismo, mentre, nella seconda,
su percorsi dipanatisi sulla scena europea, nella storia britannica ai tempi di Disraeli, in
quella tedesca, ai tempi del Kulturkampf bismarckiano e dell’antagonismo nazista alla
Repubblica di Weimar, nella storia del colonialismo italiano con l’esperimento dell’Agenzia
delle tribù in Eritrea e nell’entre-deux-guerres europeo sotto l’egida della Società delle
Nazioni.
Declinata in situazioni così diverse, la delegittimazione di cui si discute assume, con
l’analisi empirica degli obiettivi e dei risultati, significati diversi, in una gamma di fenomeni
e di dinamiche che hanno in comune una carica conflittuale e una spinta, potenziale
o effettiva, al cambiamento e/o allo scontro aperto. La casistica di tali processi contestativi
e antagonistici conosce una scala di radicalizzazione alquanto estesa, che va dal conflitto
istituzionalizzato, che neutralizza le minacce di delegittimazione d’ispirazione cattolica
o regionale grazie al trasformismo parlamentare depretisiano, studiato da Corvaglia,
all’aggressione calunniosa, una delegittimazione larvata, dal basso e pulviscolare, contro
la famiglia di Giustino Fortunato, accusata di cospirazione coi briganti neoborbonici,
poi assolta nell’iter giudiziario ricostruito da Musella, fino al tentato azzeramento della
presenza politica cattolica a opera di Bismarck nella Germania degli anni ’70 dell’800, che
Spagnolo mette a fuoco come un esempio di «delegittimazione “attiva” e guidata dall’alto»
(p. 139), bilanciata dalla resistenza e autodifesa del Zentrum, poi integrato nel sistema e
nel lealismo al Reich alle soglie della guerra mondiale.
Lo scenario più spesso evocato è d’altronde quello della crisi di regime e del trapasso
da un quadro istituzionale a un altro: nel caso tedesco è la parabola della Repubblica di
Weimar che D’Onofrio individua come paradigma, ripercorrendo argomentazioni, immagini
e strategie del nazismo esordiente e seguendone l’evoluzione da una strategia di
antagonismo frontale alla democrazia di Weimar, all’accettazione delle regole del gioco
elettorale, strumento di una vittoria maturata poi. Nel caso italiano il contesto è quello
della crisi dello Stato liberale cui sono dedicati la dettagliata analisi di Pappalardo delle
parole, dei miti e dei riti dannunziani nella contestazione permanente dell’Italia giolittiana,
l’approfondimento di Masella sulla diffusione di contestazioni antiparlamentaristiche,
antipartitiche e antipolitiche, sempre contro il sistema giolittiano, nonché il contributo
di De Prospo sulla posizione critica di Guido Dorso tra antifascismo, meridionalismo e
«revisionismo risorgimentale» gobettiano.

Elisa Signori