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La democrazia delle donne. I Gruppi di Difesa della Donna nella costruzione della Repubblica (1943-1945)

Laura Orlandini
Roma, BraDypUS, 164 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

La presenza organizzata delle donne nella Resistenza è al centro del libro che ha inteso
ricostruire le vicende dei Gruppi di Difesa della Donna (Gdd), nati poche settimane
dopo l’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre. L’a. ha raccolto un’ampia documentazione
archivistica e memorialistica per ricostruire la nascita, le trasformazioni e gli esiti di
un’istituzione che non aveva ancora avuto una sistematica analisi di ampiezza nazionale.
Il manifesto costitutivo dei Gdd iniziò a circolare nel novembre 1943 e, largamente
diffuso in Italia, divenne punto di riferimento di ogni nuovo nucleo che intendeva
costituirsi. La volontà di formare un’organizzazione femminile di massa rispondeva a diverse
finalità: promuovere l’assistenza alle famiglie durante le fasi più dure della guerra
mondiale, coordinare le iniziative femminili antifasciste che erano sorte spontaneamente
in alcune zone dell’Italia occupata, sostenere le azioni delle formazioni clandestine partigiane
e offrire alle donne occasioni di formazione politica in vista della ripresa della vita
democratica che si intravedeva ormai prossima.
Coinvolgendo direttamente diverse decine di migliaia di donne di varia estrazione
culturale e sociale (ma molto più ampia fu la rete delle persone raggiunte), i gruppi erano
dislocati in città e zone rurali del centro e del nord Italia e conducevano un’azione su
due distinti piani operativi, anche se tra loro strettamente collegati. Da un lato, i Gdd
svolgevano un’opera di assistenza materiale alle famiglie e ai partigiani; dall’altro lato,
promuovevano la formazione politica delle attiviste per sostenere le scelte dei Comitati
di liberazione nazionale, le proteste nei luoghi di lavoro e la mobilitazione di massa
antifascista. Il radicamento dei Gruppi territoriali, in particolare in Toscana, in Emilia
Romagna e nelle grandi città del Nord-ovest, fu favorito anche dall’interessamento del
Partito comunista che riuscì in questo modo a garantire una più estesa influenza della sua
organizzazione in questi territori.
La difesa degli interessi delle donne promossa dai Gdd si accompagnò a inedite forme
di emancipazione femminile, che prospettavano una nuova visione dei rapporti sociali
e familiari e rivendicavano il diritto alla partecipazione alle responsabilità politiche. Se più
immediata fu la collaborazione tra donne di diversa formazione culturale nelle azioni di
sostegno alle bande partigiane e nell’assistenza materiale alle famiglie, meno convergenti
furono le posizioni femminili di fronte alla possibilità di definire un comune orientamento
politico. I Gdd furono una realtà «ibrida, orizzontale, di contatto tra diverse modalità
di opposizione al regime», che permise l’elaborazione di «alcune intuizioni che andarono
a costituire la base della proposta democratica» (p. 141). Le differenti appartenenze culturali
e religiose rappresentarono limiti spesso invalicabili anche in questa organizzazione
femminile, seppur da quell’impegno comune siano emerse una più condivisa rivendicazione
della parità di genere e la chiara percezione dell’urgenza della partecipazione sociale
e politica delle donne.

Marta Margotti