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La falange di Cristo. Per una storia dei Comitati Civici

Luca Leoni
introduzione di Otello Lupacchini, Roma, Odradek, 180 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume ripercorre la parabola dei Comitati Civici, fondati da Luigi Gedda alla
vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948 come strutture di coordinamento e di mobilitazione
anticomunista del mondo cattolico italiano. Non si tratta, in realtà, di una vera e
propria storia nazionale dei Comitati, ma di un primo «carotaggio» (p. 28) che fa leva
documentaria sui casi dei Comitati Civici zonali di Fermo – già studiati dall’a. in un
precedente volume sul sacerdote Aleramo Rastelli – e di Lodi, ai quali sostanzialmente
si restringe anche lo scavo archivistico. L’indagine ha, comunque, il merito di estendere
la periodizzazione alla meno conosciuta fase di declino dei Comitati, ricostruendo nella
seconda parte la loro «lunga agonia» postconciliare e i tentativi di rilancio infranti dalla
sconfitta del 1974 nel referendum sul divorzio (pp. 107-171).
L’approccio interpretativo dell’a. ricompone l’intreccio fra la dottrina e la prassi geddiana,
fra la sua cultura religiosa «neo-intransigente» e quel modello organizzativo di
massa che consentì di istituzionalizzare il «monolitismo» del laicato cattolico fino alla fine
degli anni ’50. Dal 1952 al 1959 il fondatore dei Comitati fu anche presidente generale
dell’Azione Cattolica e riuscì a consolidare il loro radicamento capillare, diocesano e parrocchiale,
con un apparato nazionalmente accentrato e strutturato. Opportunamente l’a.
si sofferma sulla scuola nazionale per «attivisti civici» costituita da Gedda nella località
novarese di Casale Corte Cerro, che garantì la trasmissione dei più moderni strumenti
di propaganda – non soltanto formulari e opuscoli, ma anche manifesti, giornali murali,
proiezioni cinematografiche – per la sensibilizzazione del «voto cristiano» (pp. 49-67).
Se tale militanza politico-religiosa entrò in crisi, dagli anni ’60, con la secolarizzazione
e la legittimazione del pluralismo politico dei cattolici, rimase invece inalterata
l’opzione esclusiva dei Comitati Civici a sostegno della Democrazia Cristiana. Questo
collateralismo li portò sempre a sostenere «l’unità del voto cattolico intorno allo Scudocrociato
» (p. 43) e a escludere la prospettiva di un secondo partito cattolico che, per
lo stesso Gedda, avrebbe finito per dividere e indebolire il fronte anticomunista (e in
ciò, potrebbe aggiungersi, si evidenzia la sua irriducibilità al cosiddetto «partito romano
» di monsignor Roberto Ronca, che operava invece proprio nell’ottica dell’alternativa
conservatrice alla Dc). Per la stessa ragione, Gedda non condivise la «scelta religiosa»
che sanciva il distacco dell’Azione Cattolica dalla Dc e, dai primi anni ’70, si impegnò
nella promozione di organismi come i Circoli Mario Fani e la Gioventù Anno Duemila,
che troppo sbrigativamente l’a. liquida come «cultura cattolica di retroguardia» (p. 171)
senza riconnetterli alla più vasta galassia antiprogressista – anche di matrice laica – che si
rapportò criticamente alla rivoluzione culturale del Sessantotto. Le Conclusioni (pp. 173-
176) alludono invece a dietrologie e a «collusioni» occulte dei Comitati Civici, sulle quali
l’a. preannuncia prossimi lavori

Federico Mazzei